Il Plenum di Febbraio-Marzo:

Questioni Sulla Democrazia nel Partito

Capitolo 29

 


Dopo la chiusura del caso Bukharin-Rikov, i lavori del Plenum si spostarono su un piano completamente diverso. All’apparenza, il secondo punto in agenda aveva un carattere completamente “pacifico” e anche “democratico”. Il tema era formulato in questa maniera: “Preparazione delle organizzazioni di partito per le elezioni del Soviet Supremo dell’URSS, alla luce del nuovo sistema elettorale e la corrispondente ristrutturazione del lavoro del partito”. La parola “perestroika” [ristrutturazione], che divenne ampiamente conosciuta nel mondo dopo la salita al potere di Gorbaciov, era una delle parole preferite nel lessico degli Stalinisti.

Zhdanov, che presentò un rapporto sulla questione, ripeté le dichiarazioni della propaganda ufficiale circa i benefici cambiamenti legati all’adozione della costituzione “più democratica del mondo”, e all’introduzione del “sistema elettorale più democratico”. A uno sguardo superficiale, questi cambiamenti apparivano impressionanti. Invece delle precedenti limitazioni al diritto di voto poste ai cosiddetti “lishentsy” [deprivati], rappresentati della ex classe dirigente [di prima dell’Ottobre. N.d.T] , venivano introdotte libere ed eguali elezioni, vale a dire, tutti i cittadini dell’URSS avrebbero partecipato alle votazioni con pari diritti. Mentre in precedenza le elezioni si svolgevano in un processo a più passi (i delegati ai Soviet eleggevano il Soviet Supremo), ora tutti i Consigli dei Soviet sarebbero stati eletti direttamente dalla popolazione. Mentre prima le elezioni si tenevano a voto palese, la nuova Costituzione introduceva il voto segreto.

Certamente, tutti questi cambiamenti, dovettero fare una grande impressione ai cittadini Sovietici, specialmente agli ex “deprivati”, che , per la prima volta, si sentirono cittadini titolari dei diritti politici, al pari degli altri individui della società Sovietica.

Come esempio ulteriore della democratizzazione del sistema politico, Zhdanov citò l’introduzione nella nuova costituzione della possibilità di consultare l’intera popolazione, ovvero della possibilità di indire referendum sulle questioni più importanti dello stato e della vita sociale. Di tali referendum, in URSS, nel successivo mezzo secolo dopo l’approvazione della nuova costituzione, non se ne tenne neanche uno. Il primo referendum che si svolse, fu quello del 1991 sul destino dell’URSS, il risultato del quale fu vanificato, pochi mesi più tardi, dall’accordo di Beloveshskaya Pushcha [si tratta dell’accordo che portò al dissolvimento dell’URSS. N.d.T.] .

Tutte queste “profonde trasformazioni”,enfatizzava Zhdanov, imponevano al partito due obbiettivi da perseguire:1. Preparazione per la battaglia elettorale; 2. Democratizzazione dell’attività dello stato,degli organismi pubblici, e, soprattutto, del partito stesso.

Stalin aveva già parlato della “battaglia elettorale”, in una conversazione con il giornalista Americano Roy Howard. Quando questi espresse dei dubbi sulla capacità del nuovo sistema elettorale di garantire la libertà politica, Stalin replicò:”Io prevedo una campagna elettorale molto vivace. Noi non abbiamo una gran quantità di posti dove si lavora male. Qualche volta capita che, questo o quell'organo locale si dimostri incapace di soddisfare uno o l’altro dei diversi e sempre crescenti bisogni dei lavoratori.

Avete costruito o no una buona scuola? Avete migliorato il nostro sistema abitativo? Siete dei burocrati? Avete contribuito a rendere il nostro lavoro più efficace e ad arricchire la nostra vita culturale? Questi saranno i criteri secondo i quali milioni di elettori valuteranno i candidati, punendo quelli che si sono dimostrati incapaci con l’eliminazione nel ballottaggio, e candidando, invece, gli elementi più capaci…L’ elezione diretta, eguale ed universale, sarà la frusta, in mano alla popolazione, contro gli organi del potere che lavorano malamente”.

La discussione seguita al rapporto di Zhdanov, ha dimostrato che qualcuno dei partecipanti al Plenum ha creduto alla possibilità di una”battaglia elettorale”, nello spirito della stessa prospettiva democratica sottolineato da Stalin. Così commentò N. K. Krupskaya: ”Le elezioni segrete se e quanto i compagni del partito erano legati alla popolazione, e quanto la loro autorità è riconosciuta dalle masse”.

Comunque, la maggior parte di quelli che parlarono capivano molto bene che tutte le ampie rassicurazioni di Stalin erano rivolte all’opinione pubblica Occidentale, e la “battaglia elettorale” sarebbe stata diretta contro chiunque si fosse azzardato a prendere sul serio le innovazioni democratiche scritte nella costituzione. Anche nel rapporto di Zhdanov si era prestata attenzione alla possibilità che “elementi ostili”potessero inserirsi nella campagna elettorale. I primi che vennero individuati come interessati alla “battaglia elettorale”, erano i rappresentanti della chiesa che, dopo l’approvazione della nuova costituzione , iniziarono ad appellarsi alle autorità locali, chiedendo l’apertura di chiese, moschee e così via. La speranza per la restaurazione della vita religiosa era spesso associata alla speranza della liquidazione delle fattorie collettive.

Yevdokimov, segretario del CC della regione Azov-Mar Nero, disse che durante il censimento generale del Gennaio 1937 (subito dopo definito dal Plenum un atto di sabotaggio), che conteneva domande sull’orientamento religioso, i “nemici” nel villaggio avevano detto: ”Più numerosi saranno i credenti che si registreranno, prima gli affari della chiesa torneranno ad andare bene. Tutto ritornerà come prima e non ci saranno più fattorie collettive”.

Un altro gruppo, considerato ostile, era composto dai Kulak liberati dai campi, i quali, una volta tornati nei loro luoghi di residenza, chiedevano terra e di essere accettati nelle fattorie collettive.

Il pericolo più grande era stato individuato tra gli ex dei partiti socialisti e tra i “trotskisti camuffati”, che avrebbero potuto avvantaggiarsi delle “libere elezioni”. Kruscev dichiarò che, alla vigilia delle elezioni, si poteva vedere “il comportamento attivo di alcuni gruppi ostili, sia nelle città che nelle campagne”, e a Riazan, ”un gruppo di Socialisti Rivoluzionari era già riapparso, il cui capo stava cercando sostenitori, a cui suggeriva come fare per piazzare i loro uomini nei soviet regionali, nei soviet del villaggio, e nelle fattorie collettive. Da queste postazioni avrebbero potuto compiere atti di sabotaggio e portare avanti il loro lavoro controrivoluzionario e anti-Sovietico”.

Stetsky asserì che, se sarebbe stato difficile per le “organizzazioni ostili” candidare i loro uomini per il Soviet Supremo, diverso era il caso dei soviet di villaggio, dove “la battaglia elettorale sarà una questione molto seria”. Immediatamente Stalin appoggiò quest’idea dichiarando: “Un gran numero di villaggi potrebbero cadere nelle loro [dei”nemici”] mani.” Spronato dal supporto del capo, Stetsky sottolineò che nelle elezioni dei Soviet locali la battaglia si sarebbe svolta sulle questioni “della vita di tutti i giorni, sui problemi economici”, temi sui quali, gli “elementi ostili” avrebbero potuto scatenare la loro “demagogia”.

Il rapporto di Zhdanov indicava che, nel corso della campagna elettorale, l’insoddisfazione delle masse avrebbe potuto rivolgersi contro “una certa pressione”, senza la quale, la “campagna elettorale più difficile” sarebbe stata ingestibile. Affermando che tale tipo di “pressione” implicava la stessa “concezione della dittatura del proletariato”, Zhdanov dichiarò: ”Noi non rinunciamo a questa pressione, e sarebbe ridicolo rinunciarvi anche in futuro. Probabilmente si farà della demagogia seguendo la linea di esagerare i difetti dei nostri lavoratori. L’organizzazione del partito dovrebbe essere in grado di prendere queste persone (cioè,coloro che applicano questa pressione) sotto la sua ala protettiva”, in quanto, ”l’agitazione degli elementi ostili”, potrebbe rivolgersi contro di loro.

Nel discutere il secondo aspetto della “ristrutturazione”- la democratizzazione dell’attività del partito e delle altre organizzazioni- fu rivelato al Plenum un quadro deprimente: la soppressione degli elementi della democrazia a tutti i livelli della vita politica e sociale. A momenti sembrava che si fosse ritornati alle discussione di partito del 1923, e che gli oratori stessero ripetendo le argomentazioni della prima opposizione.

Zhdanov disse che la maggioranza dei comitati del partito- dalle organizzazioni più piccole fino ai CC delle repubbliche - non erano stati rinnovati dopo il Diciassettesimo Congresso, cioè dopo tre anni, mentre lo Statuto prevedeva che le elezioni si svolgessero ogni anno,o , al massimo ogni anno e mezzo. Dopo di lui, Postyshev, annunciò che dopo il Diciassettesimo Congresso, in Ucraina, le organizzazioni del partito, regionali cittadine e zonali, non avevano convocato neanche un’assemblea, e disgraziatamente, nessuna voce si era levata a chiedere la convocazione dei un’assemblea…Aspettavano istruzioni dall’alto”. Alla domanda di Stalin, “e lo Statuto?” Postyshev rispose mestamente “Hanno dimenticato lo Statuto, Compagno Stalin”.

Un’altra delle sfacciate violazioni della democrazia nel partito richiamata dagli oratori, era la molto ampiamente diffusa pratica della cooptazione per la nomina dei dirigenti. Vennero forniti esempi nei quali, dal 40 al 50 percento dei componenti dei comitati di zona erano stati cooptati, e spesso, tali cooptazioni, erano fatte non dal Plenum, ma per via referendaria. La stessa pratica veniva usata per i Soviet e per i sindacati: il presidium di alcuni comitati cittadini era composto esclusivamente da membri cooptati; nei comitati centrali di molte organizzazioni sindacali “i membri eletti erano veramente molto rari”.

Insieme alle elezioni, non veniva applicata un’altra regola prevista dallo statuto: la responsabilità dei dirigenti di fronte agli organismi che gli avevano selezionati. Come notava Postishev, il ruolo del Plenum del partito come collettivo, di fronte al quale, il singolo burocrate si sentiva responsabile, era virtualmente annullato:Alle sessioni plenarie dei comitati zonali,ci si limita ormai, ad ascoltare il rapporto del segretario del comitato zonale, “ che non infrequentemente, leggeva un discorso scritto ai membri del comitato”.

Dal rapporto e dalla discussione, risultava chiaro che, tutti i principi fondamentali della democrazia del partito, venivano violati. In molte regioni del paese era ormai dai sette ai dieci anni che non si convocava un congresso del comitato regionale. Quando invece i congressi si convocavano, si trasformavano in un sistema per la spartizione delle cariche tra gli aparatniki. I segretari venivano scelti in anticipo dagli alti membri dei comitati zonali, ottenevano l’approvazione del Comitato Centrale che, infine, li raccomandava al plenum, “avendo già avuto due sanzioni: dal comitato zonale e dal Comitato Centrale. Alle conferenze del partito, le candidature per l’elezione dei comitati , venivano discusse al riparo da orecchie indiscrete da un ristretto gruppo di alti burocrati, e, infine, i nominativi venivano inseriti in una lista bloccata, “al fine di evitare critiche fastidiose dalla maggioranza degli appartenenti al partito, su questo o quel candidato”.

L’espulsione dei membri eletti dei comitati, avveniva in modo non democratico. Spesso, “un gruppo di persone”, veniva espulso da un comitato, regionale o cittadino,”allargato”, nei suoi componenti, in modo arbitrario, ad altri, cosiddetti,”attivisti del partito”. Ad uno di questi “plenum allargati”, dove vennero espulsi dodici membri del comitato cittadino, solo dieci membri dello stesso comitato cittadino erano presenti: “Così, dieci individui, ne hanno fatto fuori dodici”. Evidentemente, le espulsioni di massa, di cui parlavano gli oratori, erano possibili perché le persone da espellere erano già state arrestate.

Al posto delle calpestate procedure democratiche, ciò che si era ampiamente diffusa in tutto il paese, era la pratica della “autovalutazione” da parte di comunisti di fronte alla grandi organizzazioni del partito. Accompagnato dalle risate generali in sala, Zhdanov fece un esempio di una tale “autovalutazione”, dopo la quale l’assemblea del partito approvò la seguente risoluzione: Sentita l’autovalutazione del comunista Sidorov, l’assemblea delibera; arrestare Sidorov”.

Il Plenum fornì molti esempi di come gli apparatniki si erano staccati dalle masse. Postishev raccontò che i capi del CC dipartimentale non sentivano la necessità di partecipare le assemblee delle grandi organizzazioni del partito a cui appartenevano.

Il segretario del comitato zonale di Dnepropetrovsk confessò che, se fino a 4 o 5 anni prima sentiva il dovere di andare alle assemblee nelle fabbriche, nelle fattorie collettive e via dicendo, da almeno un anno non aveva partecipato a nessuno di questi incontri.

Anche nelle organizzazioni più importanti, il più delle volte le assemblee si erano trasformate in una pura formalità: “Le risoluzioni erano preparate in anticipo, o venivano buttate giù durante lo svolgimento dei lavori da professionisti della materia, senza prestare la minima attenzione alla discussione”.

Dai discorsi dei partecipanti al Plenum, si poteva dedurre, che la democrazia veniva calpestata non solo nel partito, ma anche nello stato e nelle altre organizzazioni pubbliche. I dirigenti dei Soviet, spesso non facevano il loro dovere di deputati: Avevano rinunciato alla consuetudine, in precedenza molto diffusa, di presentare periodiche relazioni ai membri delle cooperative di consumo, ai lavoratori del commercio e via di seguito.

Nelle fattorie collettive il ruolo delle organizzazioni sociali era stato azzerato, e la risoluzione dei problemi passava per tre persone, il direttore dell’azienda, il segretario del comitato del partito, e il presidente del comitato sindacale. Questo faceva sorgere un organizzazione,”separata dagli organi elettivi normali(di partito o di fabbrica), regolarmente funzionante, ma mai prevista da alcuna legge né dei Soviet, né del partito. Essi si incontrano, scrivono le risoluzioni, emettono direttive da realizzare,ecc.”

La burocratizzazione di tutta la vita sociale e politica si manifestava anche nel modo in cui gli aparatniki consideravano le critiche dei loro sottoposti. Secondo quanto disse Kosior, ai congressi dei Soviet, ai plenum dei comitati esecutivi, o ai soviet cittadini, ”era considerata una grande mancanza di tatto, se qualcuno, accidentalmente, criticava il presidente o qualcun altro. Anche i capi di dipartimento, consideravano simili critiche un profondo insulto”.

“I numeri uno”, sfuggiti completamente al controllo delle masse e diventati dei veri e propri boss nella loro regione, parevano gareggiare tra di loro nel ”culto” della propria persona. L’autorità di un dirigente iniziò ad essere misurata sul numero di fattorie collettive, imprese ed istituzioni, che portavano il loro nome.

Dai fatti singoli e dagli esempi gli oratori passarono ad alcune serie generalizzazioni. Diverse volte gli intervenuti osservarono che invece del centralismo democratico, nel partito vigeva il centralismo burocratico. Nelle sue riflessioni conclusive Zhdanov dichiarò apertamente che tra gli aparatniki, il partito veniva visto, non come qualcosa di autonomo, ”ma come un sistema gerarchico di organismi politici, bassi, medi e alti “.

Al Plenum furono mostrate delle statistiche che testimoniavano dei cambiamenti allarmanti nella composizione sociale del partito: la diminuzione della di operai iscritti da un lato, e dall’altro il forte aumento della quota dei burocrati. Per esempio, a Voronez, 5500 membri del partito lavoravano negli organismi statali, 2000 erano insegnanti delle scuole superiori: i proletari che lavoravano nelle imprese erano 550. In una fabbrica di Voronez su 3500 lavoratori, gli iscritti al partito erano solo tre.

Lo stato di degrado di tutte le istituzioni politiche, quale era emerso chiaramente dal Plenum, avrebbe richiesto, da parte degli oratori, un’analisi delle cause, che avrebbe immancabilmente portato alla conclusione che la responsabilità della situazione che si era creata, era da attribuire principalmente ai più alti dirigenti del partito. Ma Stalin, che incoraggiava, con le sue interiezioni, gli oratori a enfatizzare alcuni punti particolari delle loro critiche, li spronava a costruire una nuova montatura: la responsabilità della vergogna per l’annichilimento della democrazia nel partito, doveva essere fatta ricadere sui…”trotskisti camuffati”.

Questa idea di Stalin, meglio di tutti fu afferrata da Yevdokimov, che dichiarò:”La banda controrivoluzionaria dei Trotskisti, degli Zinovevisti, dei destri, dei sinistri e delle altre canaglie controrivoluzionarie, ha occupato la leadership della maggior parte delle regioni e delle città. Questa banda si è posta l’obbiettivo di minare i Soviet e il lavoro del partito, allo scopo di screditare il partito e il regime Sovietico. Hanno eliminato ogni forma di autocritica, e instillato il burocratismo nel partito e nelle altre organizzazioni Sovietiche, perseguitando chiunque si azzardasse a parlare contro di loro, ricordandogli che erano un insulto diretto alla democrazia del partito”. Per rinforzare la sua tesi, citò le testimonianze di alti funzionari arrestati, secondo le quali, per fomentare l’odio contro l’apparato del partito, i trotskisti avevano “soppresso l’autocritica, soffocato la verità, lasciato senza risposte le richieste e le denunce dei lavoratori. Chiunque provava a criticare questa situazione alle assemblee, veniva perseguitato”. A una domanda di Stalin, sulla questione delle cooptazione , Yevdokimov, rispose immediatamente, “la cooptazione negli organi del partito è ampiamente diffusa, Compagno Stalin, e fra coloro che sono stati cooptati, ora molti lavorano negli “organi” della NKVD (risate)”

La risoluzione del Plenum, basata sulla relazione di Zhdanov (l’unica risoluzione del Plenum ad essere pubblicata dalla stampa), contiene un gran quantità di chiacchiere circa la democratizzazione dell’attività del partito, l’introduzione del voto segreto nelle elezioni degli organi del partito, la garanzia, a tutti i membri del partito, dell’illimitato diritto di respingere o criticare le candidature ad una determinata carica.

Di sicuro, visto che il dominio crudele della polizia segreta incombeva sulla vita del partito e della nazione, Stalin non era preoccupato dalle “elezioni senza scelta” di organi dello stato, o dal voto segreto nelle elezioni dei gerarchi del partito. Il democratico decoro aveva lo scopo di ingannare le masse e l’opinione pubblica internazionale. L’unica innovazione vera, stava nella proposta di Stalin: ciascun leader doveva trovare qualcuno capace di rimpiazzarlo.

Altrettanto sicuramente, i partecipanti al plenum non poterono immaginare, che questa proposta inaspettata, fatta con la scusa di evitare eccessivi spostamenti dei dirigenti da regione a regione, aveva uno scopo ben diverso: impedire il collasso totale e il caos nella direzione del partito e dello stato, durante l’imminente totale sterminio dei “numeri uno” in tutta l’estensione dell’apparato dirigente. In ogni modo, il “decreto sui rimpiazzi”non poteva non suscitare stupore e preoccupazione tra i partecipanti al plenum, la maggioranza dei quali erano, appunto, dei “numeri uno”.

Tutti questi uomini, lontani dall’età della pensione, non riuscivano a capire: perché avrebbero dovuto cercarsi dei candidati in grado di rimpiazzarli?

Comunque, Stalin non era preoccupato da tali sentimenti tra le fila degli alti gerarchi dell’apparato. Questi uomini erano terrorizzati al punto giusto dagli ultimi accadimenti, e dalla sorte che era toccata a chi si era azzardato a protestare contro l’introduzione di queste innovazioni. Per lui era molto più importante l’evocazione dei futuri “promossi”, per i quali la proposta apriva seducenti prospettive di una rapida ascesa sulla scala della carriera. Definendo “brillante” la proposta di Stalin, Zhdanov dichiarò:” La immaturità della nostra democrazia, ci impediva di individuare uomini nuovi, e molta nostra gente, essendo stata trascurata, sta iniziando a stagnare, e ad alimentare l’insoddisfazione nel nostro partito”. A questa tesi Stalin, per sottolineare le motivazioni che stavano alla base di tale insoddisfazione, aggiunse il seguente commento: “Ci sono molti uomini di talento che stanno iniziando a guastarsi, a stagnare, perché non vengono promossi in tempo”. Questa idea, che verrà approfondita nella successiva relazione di Stalin, era un richiamo diretto ai carrieristi, ai quali si faceva baluginare la promessa di una rapida scalata alle posizioni più alte.


 

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Ultima modifica 03.04.2008