[ Archivio di Bucharin ]
[ Indice de L'A.B.C. del Comunismo ]
115. La distruzione del
commercio privato
116. Le comuni di consumo
117. Il vecchio sistema cooperativo
118. Il sistema cooperativo oggi
119. Gli altri organi distributivi
Ad ogni sistema produttivo corrisponde un sistema distributivo. Dopo la soppressione della proprietà privata dei mezzi capitalistici di produzione, la repubblica dei Soviet si scontrò con l'apparato capitalistico di distribuzione, cioè con il commercio, e fu necessario mettersi al lavoro per distruggerlo gradualmente. Si è cominciato con la confisca dei grandi stock commerciali. Ciò era necessario anche per la forte crisi alimentare e la scarsità di merci. Le merci nascoste dagli speculatori, in attesa dell'aumento dei prezzi, furono distribuite ai lavoratori, attenuando, così, la crisi nelle prime settimane della rivoluzione d'Ottobre.
Ma la nazionalizzazione degli stock commerciali non rappresentò che il primo passo. Ben presto seguì la nazionalizzazione del commercio all'ingrosso. Era necessaria, tanto nell'interesse della lotta contro la speculazione e per l'inventario delle merci nella repubblica, quanto per la loro distribuzione fra le classi lavoratrici. Il potere dei Soviet introdusse il paiok (la razione) di classe, non solo per le derrate alimentari, ma anche per i manufatti e per tutti gli oggetti di prima necessità.
Forse per il potere sovietico sarebbe stato più vantaggioso procedere così: confiscare ogni merce disponibile presso tutti i commercianti, distribuirla secondo il principio delle razioni di classe (paiok), ma non distruggere l'apparato commerciale, anzi utilizzarlo a suo profitto.
In realtà si operò maggiormente proprio in questo modo. La merce venne confiscata disgraziatamente troppo tardi, gran parte fu venduta e il denaro ricavato fu ben nascosto dai suoi possessori. Il meccanismo dei grandi magazzini passò interamente al potere dei Soviet e cominciò a funzionare con l'appoggio dei sindacati e degli impiegati di commercio. Soltanto i padroni, che rappresentavano l'elemento parassitario furono allontanati. Un tempo, in effetti, bisognava acquistare le merci, ricercarle, concludere dei contratti. Ma, poiché il principale produttore di merci nelle imprese nazionalizzate è ora lo Stato proletario, sarebbe sciocco che egli vendesse a sé stesso e mantenesse a sue spese i commercianti. Del resto, una volta realizzato il monopolio del pane, fra il contadino e lo Stato da una parte e fra lo Stato e il consumatore dall'altra, non abbiamo più bisogno di intermediari commerciali.
Pertanto, nella misura in cui il potere proletario avrà preso in mano la fabbricazione dei prodotti più importanti, e man mano che la maggioranza dei prodotti alimentari saranno forniti dalle sue organizzazioni, bisognerà che egli possieda propri organismi di distribuzione. Il commercio privato non avrà più alcuna funzione.
Ma come comportarsi verso il piccolo commercio privato che distribuisce i prodotti del lavoro a domicilio? Il potere sovietico non domina ancora questa produzione. Non ne ha il monopolio. Come agire nei confronti del piccolo commercio che distribuisce alla popolazione (a prezzi folli, naturalmente) quei prodotti che le agenzie sovietiche non possono procurare a prezzi ragionevoli?
Questo problema è senza dubbio più complicato di quello del grande commercio, che è scomparso con la confisca del capitale. Il potere sovietico non ha alcun motivo per vietare il piccolo commercio, poiché non può totalmente sostituirlo con l'attività dei suoi organismi distributivi. Si sono verificati casi in cui i Soviet ed i comitati rivoluzionari locali hanno soppresso questo tipo di commercio, soprattutto nelle regioni liberate dal controllo delle guardie bianche, senza creare propri organismi di distribuzione dei prodotti indispensabili. Risultato: il commercio privato divenne illegale ed i prezzi aumentarono considerevolmente. Il piccolo commercio verrà lentamente eliminato, via via che sempre maggiori quantità di prodotti indispensabili passeranno in mano allo Stato. Se ancora oggi esistono troppi profittatori accanto al commissariato del popolo per l'alimentazione, significa soltanto che la lotta fra capitalismo e socialismo continua, che essa ora si è accesa contro le posizioni del piccolo commercio e che sarà portata a termine solo quando il governo diventerà l'unico acquirente della piccola produzione industriale, o quando egli stesso ne sarà l'unico produttore. Ciò non riguarda, naturalmente, i prodotti che si trovano già in mano ai piccoli commercianti e che sono stati distribuiti dalle organizzazioni dell'alimentazione. Non si tratta nemmeno della lotta contro il furto e gli altri vizi del meccanismo distributivo sovietico. In ogni caso il piccolo commercio cesserà d'esistere soltanto quando sarà ristabilita la grande industria nelle città, e la fornitura degli oggetti di prima necessità diverrà monopolio statale.
Così anche se il fine ultimo del socialismo resta la soppressione di tutti gli intermediari privati, fine che si potrà raggiungere con il passar del tempo, la scomparsa prossima del piccolo commercio è una cosa impossibile.
Man mano che la maggior parte dei prodotti destinati alla popolazione passa o sta passando in mano alle organizzazioni statali, bisogna creare degli organismi socialisti di distribuzione. Essi devono rispondere al seguente criterio: è indispensabile che siano centralizzati per assicurare la distribuzione più equa e più regolare. Così, saranno diminuiti i costi del meccanismo, che richiederà, sotto il socialismo, meno forze e denaro del commercio privato. Questo meccanismo distributivo deve lavorare con la più grande celerità. Ciò è molto importante. È necessario economizzare non solo i mezzi e le forze spesi dallo Stato, ma anche il tempo del consumatore, altrimenti tutta la comunità ne risentirebbe. Quando esisteva il commercio capitalistico, il consumatore che possedeva del denaro, poteva acquistare tutto ciò che voleva e quando lo voleva. Sotto questo aspetto il meccanismo socialista non deve essere peggiore di quello del commercio privato. Tuttavia, a causa di questa grande centralizzazione, il sistema sovietico di distribuzione può divenire qualche cosa di molto lento, complicato e burocratico, che può lasciar guastare molti prodotti prima che giungano al consumatore. Come creare questo meccanismo?
Il governo sovietico poteva scegliere fra due strade: rinnovare completamente i metodi d'approvvigionamento, o utilizzare quelli istituiti dal capitalismo servendosene a fini socialisti.
Il potere dei Soviet ha scelto l'ultima via. Pur creando sue organizzazioni nei distretti ove era necessario, soprattutto nel primo periodo di distruzione delle istituzioni capitalistiche, ha rivolto la sua attenzione verso le cooperative, ponendosi come obiettivo l'impiego del meccanismo cooperativo per la distribuzione dei prodotti.
Il problema essenziale della cooperazione, in regime capitalistico, consiste nel liberare il consumatore dall'intermediario speculatore, nel lasciare il guadagno commerciale ai consumatori riuniti, e nell'assicurare loro la buona qualità dei prodotti. Questi scopi sono stati più o meno raggiunti, ma a profitto dei soli membri aderenti, cioè soltanto di una parte della collettività.
Quanto ai sogni infantili dei cooperatori sull'evoluzione pacifica del capitalismo attraverso il sistema cooperativo, la realtà si presenta ben diversa: con tutti i suoi successi, la cooperativa non fa che distruggere, poco a poco, il piccolo commercio, e non intacca minimamente quello grande, poiché essa stessa se ne serve. In quanto alle cooperative di produzione, esse occupano solamente un infimo posto nel sistema della produzione capitalista e non hanno alcuna influenza sul cammino e sullo sviluppo dell'industria. Insomma, l'immensa organizzazione del capitalismo non ha mai preso sul serio la concorrenza cooperativa. Disponendo di mezzi che le permettono facilmente di strangolarla, proprio come un gatto fa col topo, essa consente agli ideologi della cooperativa di sognare pacificamente la distruzione del capitalismo, ed ai suoi contabili di andare in estasi per i guadagni fatti a spese del piccolo bottegaio. Il sistema cooperativo stesso si è perfettamente assimilato al capitalismo, ed ha preso il proprio posto nel suo sistema distributivo. Esso era vantaggioso per i capitalisti anche perché, diminuendo le spese di distribuzione dei prodotti, accresceva il capitale industriale. D'altra parte la cooperativa, riducendo il numero dei piccoli intermediari e riavvicinando il consumatore al grande produttore capitalistico, accelerava il giro degli affari commerciali, assicurava un pagamento regolare ed integrale, e rendeva, in definitiva, ancora più critica la situazione dell'esercito industriale di riserva, che prima riversava i disoccupati nel piccolo commercio. Anzi, attraverso tutta una serie d'inchieste, si è potuto stabilire che, se nei villaggi la cooperativa rende i più grandi servigi alla classe media agiata, non è quasi di nessun aiuto per i bisognosi.
In base alla loro formazione di classe, le cooperative di consumo si dividono in: cooperative operaie; contadine; borghesi-cittadine, cioè cooperative di piccolo-borghesi e d'impiegati. La cooperativa operaia fu sempre quella più a sinistra fra tutte queste organizzazioni, e quella più a destra fra quelle proletarie. Nella cooperativa agricola il tono viene dato dai contadini agiati. Nella città essa è diretta dagli intellettuali piccolo-borghesi, che rappresentano gli ideologi del movimento e promettono la distruzione del capitalismo attraverso le patate e il pane cooperativo.
La vera natura della cooperazione è stata svelata dalla rivoluzione proletaria d'ottobre. A parte la cooperativa operaia, tutte le altre, soprattutto nelle persone dei loro dipendenti, ricchi contadini ed intellettuali, hanno preso vivamente posizione contro il movimento socialista. Le cooperative della Siberia e delle altre Unioni hanno abbracciato la causa della controrivoluzione, sono passate alle guardie bianche e si sono pronunciate per la distruzione della repubblica sovietica con l'aiuto dell'imperialismo mondiale.
Nell'ottobre 1917, si contavano in Russia 612 Unioni di Cooperative. Questa cifra è evidentemente inferiore alla realtà, poiché, secondo altri dati, nel gennaio 1918 esse ammontavano ad un migliaio. Il solo Centro soyuz (Unione centrale) comprendeva allora 281 Unioni, di cui 269 riunivano 38.601 cooperative, con 13.694.196 aderenti. Ma spesso una cooperativa entrava in due o tre Unioni alla volta, perciò la somma complessiva delle cooperative era evidentemente minore, così come il loro effettivo numero totale. Quanto all'attività produttiva delle cooperative russe, nel 1918 esse avevano, tutte insieme, 469 imprese, in maggioranza molto piccole.
In regime capitalistico la cooperativa aveva un preciso ruolo nell'insieme del suo sistema, Con il governo sovietico, o il meccanismo cooperativo scompare, o deve diventare socialista e, come tale, assumere la funzione di distributore dello Stato. I vecchi capi della cooperativa, i menscevichi, i socialisti rivoluzionari e gli altri socialisti alla maniera di Koltc˜ak, vorrebbero rendere la cooperativa indipendente dal governo proletario, cioè lasciarle la libertà di morire. In realtà, il potere sovietico, che tiene conto dei reali interessi dei lavoratori, e in particolare degli elementi uniti in cooperative, si pone da un altro punto di vista. Non considerando affatto i sentimenti dei dirigenti intellettuali, e senza rifiutare tutto il meccanismo cooperativo a causa dei tentativi controrivoluzionari dei suoi capi, il governo sovietico si è sforzato di inglobare questo modo di distribuzione in tutto il sistema d'approvvigionamento. Ha cercato non di restringere, ma al contrario d'allargare il campo della sua attività. Insomma, i compiti politici del Partito comunista e del potere sovietico consistono in questo:
La normale cooperativa di carattere borghese è una libera associazione di cittadini, che svolgono una propria attività nella società. Generalmente la cooperativa è al servizio dei soli suoi membri ed autorizza la vendita a tutta la popolazione soltanto quando ne trae dei vantaggi. Noi, invece, riteniamo indispensabile che tutta la popolazione entri nelle cooperative e che ogni membro della collettività appartenga ad una qualsiasi di esse. Solo allora la distribuzione, attraverso le cooperative, riguarderà tutto il popolo.
La cooperativa di consumo realizza l'amministrazione della società per mezzo di tutti i suoi membri (è colpa degli altri aderenti se in realtà esiste solo un piccolo gruppo di dirigenti; infatti il regolamento delle cooperative affida la direzione dell'azienda ai membri delle Assemblee generali). Quando tutti i cittadini della repubblica saranno membri delle cooperative, avranno la possibilità di controllare dal basso tutto il meccanismo di distribuzione statale. Quando le masse saranno abbastanza mature da poter prendere iniziative, saranno in grado di condurre una lotta più efficace contro le malversazioni e la burocrazia, e queste organizzazioni risulteranno più precise e più rapide. Grazie all'attività dei consumatori stessi, gli organismi distributivi, che sono al di sopra di queste masse, diverranno loro organismi. Ciò contribuirà alla diffusione del comunismo, alla creazione di una cosciente disciplina fra i compagni, e condurrà le masse a capire a fondo il meccanismo ed i fini della produzione e della distribuzione comuni.
È anche indispensabile, dopo l'unione di masse proletarie in cooperative, affidare a loro un ruolo decisivo. Nelle città, questo risultato verrà raggiunto facendo partecipare gli operai alle cooperative, mettendo a capo dell'amministrazione una maggioranza operaia comunista, e trasformando le cooperative borghesi in comuni di consumatori. Allo stesso fine bisogna avvicinare gli organi della distribuzione a quelli della produzione. Da questo accostamento dipende il futuro. Con il passar del tempo, il ruolo svolto dallo Stato si ridurrà a quello di un ufficio centrale di contabilità e d'agente di collegamento fra le organizzazioni produttive e distributive. Ciò avrà un'importanza considerevole. In conclusione, sono assolutamente indispensabili sia la partecipazione dei comunisti strettamente raggruppati all'edificio cooperativo, sia la conquista da parte loro del ruolo predominante.
Anche nelle campagne bisogna allontanare i contadini ricchi dall'amministrazione delle cooperative, sopprimere tutti i privilegi dei cittadini influenti dei villaggio, far passare, dunque, la direzione di questi organismi nelle mani dei contadini poveri e della classe media avanzata.
In Russia molti organi di distribuzione creati dalla rivoluzione sono sorti nel periodo dello sconvolgimento d'ottobre. Il loro centro è il commissariato degli approvvigionamenti, con tutte le sue ramificazioni di dipartimenti e nei volost. Gli organismi d'approvvigionamento disponevano, e dispongono tuttora, di un sistema di distribuzione composto da una serie di magazzini e di botteghe di rifornimento. La funzione distributiva fu assunta, ad un certo momento, dai comitati dei contadini poveri, che controbilanciavano le cooperative. Mentre queste ultime ripartivano i prodotti fra i contadini ricchi, i comitati si sforzavano di assegnarne una parte maggiore ai bisognosi. Anche i comitati di caseggiato nelle città e le comuni agricole hanno avuto una parte importante nella distribuzione. Inoltre, anche le Unioni professionali e i Comitati di fabbrica s'interessavano alla distribuzione.
Il potere sovietico deve sostituire tutti questi numerosi organismi con uno solo, ed incorporarlo nel meccanismo distributivo generale. In questo senso, per esempio, i comitati di caseggiato e le comuni sono stati molto utili, facendo risparmiare ai consumatori ore e giornate di attesa.
(continua)
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Ultima modifica 2.1.2003