La situazione dell'Inghilterra. I. Il secolo diciottesimo

Friedrich Engels (1844)


Die Lage Englands. I. Das achtzehnte Jahrhundert fu pubblicato sui nn. 70-73 del 31 agosto, 4, 7 e 11 settembre 1844 del Vorwärts! [Avanti!], bisettimanale tedesco pubblicato a Parigi dal gennaio ai dicembre 1844. Questo articolo e il seguente sono la continuazione della Situazione dell'Inghilterra pubblicato nei Deutsch-Französische Jahrbücher. Entrambi gli articoli chiaramente non sono stati scritti oltre il febbraio-marzo 1844. È probabile che Engels abbia interrotto la stesura di questa serie in seguito alla cessazione delle pubblicazioni dei Deutsch-Französische Jahrbücher.

Tradotto da: Nicola De Domenico

OCR di Nicola De Domenico, mutuato per ragioni di studio (learning purposes) nel gennaio 2019


A giudicare dalle apparenze il secolo della rivoluzione è trascorso senza che l'Inghilterra cambiasse molto. Mentre sul continente tutto un vecchio mondo è stato ridotto in rovine, mentre una guerra venticinquennale ha purificato l'atmosfera, in Inghilterra tutto è rimasto calmo, né lo Stato né la Chiesa hanno subito la minima minaccia. Ciononostante l'Inghilterra ha compiuto, sin dalla metà del secolo scorso, una rivoluzione maggiore di qualsiasi altro paese, una rivoluzione che è tanto piú feconda di conseguenze quanto piú silenziosamente fu attuata e che, dunque, con ogni probabilità, raggiungerà il suo scopo nella prassi prima della rivoluzione politica francese e della rivoluzione filosofica tedesca. La rivoluzione inglese è una rivoluzione sociale e quindi è piú estesa e sovvertitrice di qualsiasi altra. Non c'è dominio, sia esso il piú remoto, della conoscenza umana e dei rapporti vitali fra gli uomini che non vi abbia contribuito e che, a sua volta, non ne abbia ricevuto una diversa collocazione. La rivoluzione sociale è la vera rivoluzione nella quale devono necessariamente sboccare la rivoluzione politica e le rivoluzione filosofica; questa rivoluzione sociale è già in atto in Inghilterra da settanta o ottant'anni e si avvia adesso a grandi passi verso il suo punto critico.

Il secolo diciottesimo segnò la unificazione, la ricomposizione dell'umanità dalla condizione di dispersione e di isolamento nella quale era stata gettata dal cristianesimo, fu il penultimo passo verso la conoscenza di sé e la liberazione dell'umanità ad opera di se stessa che però, essendo il penultimo, restò ancora unilateralmente impigliato nella contraddizione. Il diciottesimo secolo compendiò i risultati di tutta la storia precedente, che fino ad allora erano apparsi isolatamente e nella forma della casualità, e ne svolse la necessità e l'interna concatenazione. Gli innumerevoli dati della conoscenza, ammucchiati alla rinfusa, vennero ordinati, classificati e posti in rapporti causali; il sapere divenne scienza e le scienze si approssimarono alla loro perfezione, ossia si riallacciarono da un lato alla filosofia e, dall'altro, alla prassi. Prima del diciottesimo secolo non v'era scienza; la conoscenza della natura assunse la sua forma scientifica nel diciottesimo secolo o, in alcuni rami, solo qualche anno prima. Newton creò l'astronomia scientifica con la legge della gravitazione, l'ottica scientifica con la scomposizione della luce, la matematica scientifica con il teorema dei binomi e la teoria dell'infinito, la meccanica scientifica con la conoscenza della natura e delle sue forze. Anche la fisica acquistò nel diciottesimo secolo il suo carattere scientifico; la chimica fu creata da Black, Lavoisier e Priestley1; la geografia fu elevata al rango di scienza in seguito alla determinazione della figura della terra e con le numerose spedizioni, che solo ora venivano intraprese con utilità per la scienza; così anche la storia naturale ad opera di Buffon e Linneo; persino la geologia cominciò a districarsi gradualmente dal groviglio di ipotesi fantasiose in cui s'era perduta. L'idea dell'enciclopedia fu caratteristica del secolo diciottesimo; essa poggiava sulla coscienza della interdipendenza di tutte queste scienze, ma non era ancora in grado di compiere i passaggi dall'una all'altra e dunque non poté far altro che classificarle secondo un ordine esteriore. Così anche nella storia; adesso troviamo per la prima volta delle compilazioni di storia universale in numerosi volumi; esse sono ancora acritiche e prive di filosofia, ma si tratta pur sempre di storia universale invece che dei tradizionali frammenti di storia locale cronologicamente limitati. La politica fu collocata su una base umana e l'economia politica fu riformata da Adam Smith. Il culmine della scienza del diciottesimo secolo fu il materialismo, il primo sistema di filosofia della natura e la conseguenza di quel perfezionamento delle scienze naturali. La polemica contro la soggettività astratta del cristianesimo spinse la filosofia del diciottesimo secolo verso l'unilateralità opposta; alla soggettività fu contrapposta l'obiettività, allo spirito la natura, allo spiritualismo il materialismo, al singolo astratto l'astratto universale, la sostanza. Il secolo diciottesimo segnò la reviviscenza dello spirito dell'antichità di contro a quello del cristianesimo; materialismo e repubblica, la filosofia e la politica del mondo antico tornarono a nuova vita ed i francesi, i rappresentanti del principio dell'antichità entro il cristianesimo, si impossessarono per un certo periodo di tempo della iniziativa storica.

Il diciottesimo secolo non risolse dunque la grande opposizione che occupò la storia fin dai suoi inizi ed il cui svolgimento costituisce la storia stessa; l'opposisizione di sostanza e soggetto, di natura e spirito, di necessità e libertà; esso però pose i lati dell'opposizione in tutta la loro asperità, li sviluppò compiutamente l'uno di fronte all'altro, rendendo così necessario il suo superamento. La conseguenza di questo chiaro e recente sviluppo dell'opposizione fu la rivoluzione universale, che si distribuì fra le varie nazionalità, e il cui imminente compimento sarà al contempo la risoluzione dell'opposizione della storia passata. I tedeschi, il popolo spiritualista e cristiano, vissero una rivoluzione filosofica; i francesi, il popolo del materialismo classico, e dunque il popolo politico, dovettero compiere la rivoluzione per vie politiche; gli inglesi, la cui nazionalità è una mescolanza dell'elemento tedesco con quello francese e che pertanto portano in sé ambo i lati della opposizione e sono dunque piú universali di ciascuno dei due fattori per sé, furono coinvolti in una rivoluzione piú universale, in una rivoluzione sociale. Bisognerà svolgere questo punto piú in particolare, poiché la posizione delle nazionalità, almeno nell'età moderna, è stata trattata finora in modo assai carente, o piuttosto in nessun modo dalla nostra filosofia della storia.

Che la Germania, la Francia e l'Inghilterra siano i tre paesi-guida della storia attuale posso darlo per scontato; che i tedeschi incarnino il principio spiritualistico-cristiano ed i francesi quello materialistico-antico, che in altre parole quelli rappresentino la religione e la Chiesa, questi la politica e lo Stato, è altrettanto evidente o lo sarà a suo tempo; il significato degli inglesi nella storia recente salta meno agli occhi ed è anche il piú importante per il nostro scopo attuale. La nazione inglese fu formata da germani e romanzi in un tempo in cui entrambe le nazioni si erano appena separate l'una dall'altra ed in cui il loro sviluppo nei due lati dell'opposizione non era neppure iniziato. Gli elementi germanici e quelli romanzi si svilupparono l'uno accanto all'altro e costituirono alla fine una nazionalità che reca in sé le due unilateralità senza mediazione. L'idealismo germanico mantenne tali possibilità di manovra che poté addirittura capovolgersi nel suo contrario, nella astratta esteriorità; la commerciabilità ancora legale delle donne e dei fanciulli e lo spirito commerciale degli inglesi deve essere decisamente messo sul conto dell'elemento germanico. Parimenti il materialismo romanzo si capovolse nell'idealismo astratto, nell'interiorità e nella religiosità; donde il fenomeno della sopravvivenza del cattolicesimo romano entro il protestantesimo germanico, la Chiesa di Stato, il papato dei principi e la maniera affatto cattolica di liquidare la religione con dei formalismi. Il carattere della nazionalità inglese è la contraddizione irrisolta, l'unità dei piú stridenti antagonismi. Gli inglesi sono il popοlo piú religioso del mondo e, al tempo stesso, il piú irreligioso; si tormentano piú di qualunque altra nazione in vista dell'al di là e tuttavia essi vivono come se l'al di qua fosse il loro uno ed il loro tutto; la speranza del cielo non impedisce loro minimamente di credere con altrettanta certezza all'«inferno del non guadagnare». Donde l'eterna inquietudine interiore degli inglesi, che è il sentimento dell'incapacità di risolvere la contraddizione e che li spinge al di fuori di se stessi nell'attività. Il sentimento della contraddizione è la sorgente dell'energia, ma dell'energia che meramente si estranea, e questo sentimento della contraddizione fu l'origine della colonizzazione, della navigazione, dell'industria e, in generale, dell'immensa attività pratica degli inglesi. L'incapacità a risolvere la contraddizione percorre tutta la filosofia inglese e la spinge verso l'empiria e lo scetticismo. Poiché Bacone non poté risolvere con la sua ragione la contraddizione di idealismo e realismo, si giunse alla conclusione che doveva essere la stessa ragione in generale incapace a risolverla, si respinse dunque senza esitazione l'idealismo e si vide nell'empiria l'unica via di salvezza. Dalla medesima fonte procede la critica della facoltà di conoscere e la tendenza psicologica, nella quale la filosofia inglese si è mossa esclusivamente fin dall'inizio, e che infine, dopo il fallimento di tutti i tentativi di comporre la contraddizione, la dichiara insolubile proclamando contemporaneamente l'inadeguatezza della ragione e cercando scampo nella fede religiosa o nell'empiria. Lo scetticismo humiano è ancor oggi la forma di ogni filosofare irreligioso in Inghilterra. Non possiamo sapere se esiste un Dio, argomenta questa concezione; se ne esistesse uno gli sarebbe impossibile qualunque comunicazione con noi, sicché dobbiamo disporre la nostra prassi come se non ne esistesse alcuno. Non possiamo sapere se lo spirito sia diverso dal corpo ed immortale; viviamo dunque come se questa vita fosse la sola nostra vita e non ci tormentiamo con cose che vanno al di là del nostro intelletto. In breve, la prassi di questo scetticismo è esattamente il materialismo francese; ma nella teoria metafisica esso si arresta all'incapacità di decidere in modo definitivo.

Dal momento che, però, gli inglesi recarono in sé entrambi gli elementi che sul continente svilupparono la storia, essi furono in grado, anche senza aver molti rapporti col continente, di tenersi al passo col movimento e talvolta persino di anticiparlo. La rivoluzione inglese del diciassettesimo secolo è esattamente il modello della rivoluzione francese del 1789. Nel «lungo parlamento» si possono distinguere facilmente quelle tre fasi che in Francia furono l'assemblea costituente, l'assemblea legislativa e la convenzione nazionale; il passaggio dalla monarchia costituzionale alla democrazia, al dispotismo militare, alla restaurazione ed alla rivoluzione del juste-milieu appare fortemente accentuato nella rivoluzione inglese. Cromwell è Robespierre e Napoleone in una sola persona; alla Gironda, alla Montagna ed agli hébertisti e babuvisti corrispondono i presbiteriani, gli indipendenti ed i levellers; il risultato politico è per entrambi piuttosto scarso, e tutto il parallelismo, che potrebbe venir svolto con maggior ricchezza di particolari, dimostra anche, fra l'altro, che la rivoluzione religiosa e quella irreligiosa, fintantoché restano politiche, tendono alla fine verso uno stesso esito. Certamente questo anticipo degli inglesi rispetto al continente fu solo momentaneo e gradualmente fu compensato; la rivoluzione inglese terminò nel juste-milieu e nella creazione dei due partiti nazionali, mentre la rivoluzione francese non è ancora conclusa, né può concludersi prima d'esser pervenuta al medesimo risultato cui debbono pervenire la rivoluzione filosofica tedesca e la rivoluzione sociale inglese.

Il carattere nazionale inglese è dunque essenzialmente diverso tanto dal tedesco quanto dal francese; la sfiducia nella possibilità di superare l'opposizione e la conseguente, totale dedizione all'empiria ne sono i lineamenti tipici. Anche il germanesimo puro capovolse la sua interiorità astratta nella astratta esteriorità, ma questa esteriorità non perse mai l'impronta della sua origine e rimase sempre subordinata all'interiorità ed allo spiritualismo. Anche i francesi stanno sul lato materiale ed empirico; ma poiché questa empiria è immediata tendenza nazionale e non già una conseguenza secondaria d'una coscienza nazionale scissa in se stessa, essa si fa valere in maniera nazionale ed universale, si estrinseca come attività politica. Il tedesco affermò le assoluta legittimità dello spiritualismo e tentò quindi di svolgere gli interessi universali dell'umanità dapprima nella religione e quindi nella filosofia. Il francese contrappose a questo spiritualismo il materialismo in quanto legittimato assolutamente e, di conseguenza, assunse lo Stato come la forma eterna di questi interessi. Ma l'inglese non ha interessi universali, egli non può parlarne senza sfiorare il punto dolente, la contraddizione, egli ha sfiducia negli interessi universali ed ha solo degli interessi particolari. Questa assoluta soggettività, la dispersione dell'universale nei molti singoli ha certamente un'origine germanica ma, come s'è detto, essa è separata dalla sua radice ed è dunque operante soltanto empiricamente, e distingue appunto l'empiria sociale inglese dall'empiria politica francese. L'azione della Francia fu sempre nazionale, fin dall'inizio cosciente della sua totalità ed universalità; l'azione dell'Inghilterra consisté nel lavoro di individui indipendenti e separati l'uno dall'altro, il movimento di atomi privi di relazioni reciproche, che operarono collettivamente come una totalità solo in rare occasioni e comunque sempre mossi dall'interesse individuale, e la loro mancanza d'unità si manifesta con chiarezza proprio adesso, nell'universale miseria e nella totale dispersione.

In altre parole, solo l'Inghilterra ha una storia sociale. Solo in Inghilterra gli individui come tali, senza propugnare consapevolmente dei princìpi universali, hanno promosso lo sviluppo nazionale fino a portarlo quasi a compimento. Solo qui ha operato la massa in quanto massa, mossa dal proprio interesse particolare; solo qui i princìpi sono stati tramutati in interessi, prima ancora che essi potessero esercitare il loro influsso sulla storia. I francesi ed i tedeschi vanno approssimandosi gradualmente alla storia sociale, ma non ne hanno ancora una. Anche sul continente ci sono state povertà, miseria e oppressione sociale, ma tutto ciò non ebbe alcun effetto sullo sviluppo nazionale; la miseria e la povertà della classe lavoratrice dell'odierna Inghilterra hanno invece una importanza non solo nazionale ma mondiale. Sul continente il momento sociale è ancora del tutto sepolto sotto il momento politico, non si è ancora separato da questo, mentre in Inghilterra il momento politico viene gradualmente superato da quello sociale al quale è divenuto subordinato. Tutta la politica inglese è, in fondo, di natura sociale, e solo per il fatto che l'Inghilterra non è ancora andata al di là dello Stato, che la politica rappresenta per essa un espediente, le questioni sociali si presentano come questioni politiche.

Finché Stato e Chiesa saranno le uniche forme nelle quali si attuano le determinazioni universali dell'essenza umana non si potrà parlare di storia sociale. L'antichità ed il medioevo non poterono quindi manifestare alcuno sviluppo sociale; solo la Riforma, il primo tentativo ancora impacciato e confuso d'una reazione contro il medioevo, provocò un sommovimento sociale, la trasformazione dei servi della gleba in «liberi» lavoratori. Neppure questo sommovimento ebbe durevoli effetti sul continente, ma si affermò qui per la prima volta con la rivoluzione del diciottesimo secolo; mentre in Inghilterra, con la Riforma, la classe dei servi della gleba si mutò in vilains, bordars, cottars2 e dunque in una classe di lavoratori dotati di libertà personale, ed il diciottesimo secolo sviluppò già qui le conseguenze di questo sovvertimento. Perché questo fosse possibile solo in Inghilterra lo abbiamo spiegato sopra.

L'antichità, ancora ignara del diritto del soggetto, e con una visione del mondo essenzialmente astratta, universale e sostanziale, non poteva sussistere senza la schiavitù. La concezione del mondo cristiano-germanica contrappose all'antichità il principio fondamentale della soggettività astratta, e dunque l'arbitrio, l'interiorità e lo spiritualismo; ma questa soggettività dové però rovesciarsi immediatamente nel suo contrario, proprio perché era astratta ed unilaterale, e generare la schiavitú del soggetto in luogo della sua libertà. L'astratta interiorità divenne astratta esteriorità, perdita ed esteriorizzazione dell'uomo, e la prima conseguenza del nuovo principio fu il ripristino della schiaνitú in una forma meno scandalosa, ma proprio perciò ipocrita e più inumana: la serνitú della gleba. La dissoluzione del sistema feudale, la riforma politica, ossia l'apparente riconoscimento della ragione e dunque l'effettiva realizzazione dell'irrazionalità, soppresse apparentemente questa serνitú della gleba, ma in realtà la rese soltanto più disumana e universale. Essa cominciò con l'esprimere il principio che l'umanità non dovesse più esser tenuta unita dalla coercizione, ossia dall'interesse politico, ma da mezzi sociali, e mediante questo nuovo principio pose la base per il movimento sociale. Ma benché essa negasse così lo Stato, lo ripristinò d'altro canto in piena regola restituendogli quel contenuto che fino ad allora era stato usurpato dalla Chiesa e conferendo cosí allo Stato, che nel medioevo era stato vacuo ed inconsistente, l'energia per un nuovo sviluppo. Dalle rovine del feudalesimo sorse lo Stato cristiano, prese l'impulso il compimento del lato politico del mondo cristiano; mediante l'elevazione dell'interesse a principio universale questo mondo cristiano giunse al suo compimento anche nell'altro suo lato. Infatti l'interesse è essenzialmente soggettivo, egoistico, è interesse particolare e, in quanto tale, rappresenta il culmine del principio della soggettività cristiano-germanica e del principio dell'isolamento. La conseguenza dell'elevazione dell'interesse a vincolo unificante dell'umanità, fintantoché l'interesse permane soggettivo e semplicemente egoistico, è necessariamente la dispersione universale, la concentrazione degli individui su se stessi, l'isolamento, la trasformazione dell'umanità in un aggregato di atomi che si respingono a vicenda; questo isolamento è, a sua volta, l'ultima conseguenza del principio cristiano della soggettività, il compimento del mondo cristiano.

Fintantoché, inoltre, permarrà la principale estraneazione, ossia la proprietà privata, l'interesse dovrà necessariamente essere interesse particolare ed il suo dominio risulterà essere il dominio della proprietà. La dissoluzione della serνitù feudale ha fatto del «pagamento in contanti l'unico vincolo dell'umanità». La proprietà, l'elemento naturale e privo di spirito che si contrappone all'elemento umano e spirituale, viene così elevata sul trono e, in ultima istanza, onde portare a compimento codesta estraneazione, il denaro, questa astrazione vuota ed estraniata della proprietà, è stato fatto il signore del mondo. L'uomo ha cessato d'essere schiavo dell'uomo ed è divenuto schiavo della cosa; il capovolgimento dei rapporti umani è compiuto; la servitù del moderno mondo di trafficanti, la venalità giunta a perfezione e divenuta universale è più disumana e più comprensiva della servitú della gleba dell'età feudale; la prostituzione è più immorale, più bestiale dello jus primae noctis.

Il mondo cristiano non può essere innalzato di più; esso deve andare in rovina per cause interne e far posto ad una condizione umana e razionale. Lo Stato cristiano non è che l'ultima forma fenomenica possibile dello Stato in generale e con la sua caduta dovrà cadere lo Stato come tale. La dissoluzione dell'umanità in una massa di atomi isolati, che si respingono a vicenda, è già in sé l'annientamento di tutti gli interessi corporativi, nazionali e particolari ed è l'ultimo stadio necessario verso la libera autounificazione dell'umanità. Il compimento della alienazione nel predominio del denaro è un passaggio inevitabile, se l'uomo deve ritornare a se stesso, come sembra in procinto di fare.

La rivoluzione sociale in Inghilterra ha sviluppato a tal punto queste conseguenze derivanti dalla soppressione del sistema feudale, che la crisi che annienterà il mondo cristiano non può piú essere molto lontana, che l'epoca di questa crisi può esser predetta, seppure non cronologicamente e quantitativamente, qualitativamente e con precisione; questa crisi dovrà infatti aver luogo non appena le leggi sul grano saranno revocate e sarà introdotta la Carta del popolo, ossia non appena l'aristocrazia del sangue sarà sconfitta politicamente dall'aristocrazia del denaro e questa, a sua volta, dalla democrazia dei lavoratori.

I secoli sedicesimo e diciassettesimo avevano data vita a tutte le premesse della rivoluzione sociale, avevano dissolto il medioevo, avevano creato e consolidato il protestantesimo religioso, politico e sociale, avevano creato le colonie, la potenza marittima ed il commercio inglesi e posto accanto all'aristocrazia una classe media già abbastanza potente e in ascesa. I rapporti sociali si assestarono gradualmente dopo i disordini del diciassettesimo secolo ed assunsero una stabile configurazione, che mantennero fin verso il 1780 o 1790.

C'erano allora tre classi di proprietari terrieri, i land-lords nobili, che rappresentavano ancora l'unica ed incontrastata aristocrazia del regno, che dava in affitto i propri fondi parcellizzandoli e ne consumava le rendite a Londra o nei viaggi; i landlords non nobili o country gentlemen (che avevano abitualmente il titolo di squires), che vivevano nelle loro residenze di campagna, davano in affitto la terra e godevano del trattamento riservato agli aristocratici, che veniva negato loro nelle città a causa della loro nascita plebea, nella loro mancanza di cultura e della loro grossolana natura contadina, facendoselo tributare dai loro fittavoli e dagli abitanti del circondario. Questa classe è ora totalmente sparita. Gli antichi squires, che dominavano fra i compaesani del circondario con autorità patriarcale e che fungevano da consiglieri e da arbitri e si occupavano di ogni affare in ogni circostanza, si sono del tutto estinti; i loro discendenti dicono di essere l'aristocrazia non titolata d'Inghilterra, gareggiano in cultura e belle maniere, in fasto ed in contegno aristocratico con la nobiltà, che li sopravanza di poco, e con i loro avi rozzi e grossolani hanno in comune soltanto il possesso della terra.

La terza classe di proprietari terrieri era costituita dai yeomen, proprietari di piccoli appezzamenti che coltivavano da sé, di solito con la vecchia buona trascuratezza dei loro padri; anche questa classe è sparita dall'Inghilterra, la rivoluzione sociale l'ha espropriata ed ha dato origine al caso singolare che, nello stesso tempo in cui in Francia si parcellizzava coattivamente il latifondo, in Inghilterra la piccola proprietà veniva attratta ed ingoiata dal latifondo. Accanto ai yeomen stavano i piccoli fittavoli i quali, oltre che alla coltivazione, attendevano anche alla tessitura; anche loro sono spariti dall'Inghilterra di oggi; quasi tutta la terra è adesso ripartita in pochi latifondi e data in affitto. La concorrenza dei grandi fittavoli espulse dal mercato i piccoli fittavoli ed i yeomen; essi divennero salariati giornalieri e tessitori dipendenti dal salario del lavoro ed alimentarono quelle masse il cui flusso fece crescere le città con una rapidità così stupefacente.

I contadini conducevano dunque, in quei tempi, una vita silenziosa e pacifica, improntata alla religiosità ed alla rispettabilità, vivevano senza troppe preoccupazioni ma anche senza movimento, senza interessi universali, senza cultura, senza attività spirituale; si trovavano ancora nella preistoria. La situazione delle città non era molto diversa. Soltanto Londra era un importante centro commerciale; Liverpool, Hull, Bristol, Manchester, Birmingham, Leeds, Glasgow erano ancora insignificanti. I rami principali dell'industria, la filatura e la tessitura, venivano per lo piú esercitati nelle campagne o, al massimo, nel circondario delle città; la produzione di metalli e ceramiche era ancora allo stadio artigianale; cosa poteva dunque accadere nelle città? La Insuperabile semplicità del sistema elettorale dispensava i cittadini da ogni preoccupazione politica; di nome si era whig o tory, ma in fondo si sapeva molto bene che ciò era indifferente in mancanza del diritto di voto; i piccoli mercanti, i merciai e gli artigiani costituivano tutta la cittadinanza e menavano un'esistenza provinciale, che è del tutto inconcepibile per l'inglese di oggi. Le miniere erano ancora poco sfruttate; il ferro, il rame e lo stagno giacevano ancora abbastanza indisturbati nelle viscere della terra, ed il carbone veniva utilizzato soltanto per scopi domestici. In breve, l'Inghilterra si trovava allora in una condizione nella quale per disgrazia si trovano ancora la massima parte della Francia e la Germania in modo particolare, in una condizione di apatia antidiluviana verso ogni interesse universale e spirituale, in una infanzia sociale nella quale non ci sono ancora né società, né vita, né coscienza, né attività. Questa condizione è de facto la prosecuzione del feudalesimo e della ottusità intellettuale medievale; essa viene superata solo con l'avvento del feudalesimo moderno: la divisione della società in proprietari e non-proprietari. Come abbiamo già detto, noi sul continente viviamo ancora profondamente immersi in questa condizione; gli, inglesi l'hanno combattuta da ottant'anni e vinta da quaranta. Se la civiltà è un affare pratico, una qualità sociale, gli inglesi sono certamente il popolo piú civile del mondo.

Dicevo sopra che le scienze, nel diciottesimo secolo, avrebbero assunto la forma scientifica e che, di conseguenza, avrebbero instaurato un legame con la filosofia, da un lato, e con la prassi, dall'altro. Il risultato del loro legame con la filosofia fu il materialismo (che è una premessa comune tanto a Newton quanto a Locke), l'illuminismo e la rivoluzione politica francese. Il risultato del loro legame con la prassi fu la rivoluzione sociale inglese.

Nel 1760 Giorgio III sali al governo, scacciò i whigs che, fin da Giorgio I, avevano retto il ministero quasi ininterrottamente ma avevano naturalmente governato da perfetti conservatori, e pose le basi del monopolio dei tories durato fino al 1830. Il governo riacquistò così la sua intima verità; in un'epoca politicamente conservatrice della storia inglese era del tutto ovvio che dovesse governare un partito conservatore. Il movimento sociale assorbi, da questo momento in poi, le forze della nazione a scapito dell'interesse politico, che fu addirittura distrutto; tutta la politica interna è, infatti, da questo momento un socialismo occultato, è la forma assunta dalle questioni sociali per potersi affermare sul piano generale e nazionale.

Nel 1763 il dottor James Watt di Greenock iniziò ad occuparsi della costruzione della macchina a vapore, che portò a termine nel 1768.

Nel 1763 Josiah Wedgwood gettò le basi dell'industria inglese della porcellana introducendo princìpi scientifici nel processo produttivo. I suoi sforzi trasformarono una landa desolata dello Staffordshire in una contrada industriosa — le Potteries — che oggi dà lavoro a 60.000 persone ed ha avuto un ruolo assai importante nel movimento politico e sociale degli ultimi anni.

Nel 1764 James Hargreaves del Lancashire inventò la spinning-jenny, una macchina che, azionata da un solo lavoratore, lo mette in grado di produrre una quantità di filato sedici volte maggiore di quanta non ne potesse ottenere con il vecchio filatoio.

Nel 1768 Richard Arkwright, barbiere di Preston nel Lancashire, inventò la spinning-throstle, il primo filatoio completamente destinato ad essere azionato dall'energia meccanica. Esso produceva water-twist, cioè il refe adoperato come ordito dell'intreccio.

Nel 1776 Samuel Crompton di Bolton, Lancashire, inventò la spinning-mule unificando i princìpi meccanici della jenny e della throstle. La mule, come la jenny, fila il mule-twist, ossia la trama del tessitore; tutte e tre le macchine sono destinate alla lavorazione del cotone.

Nel 1787 il dottor Cartwright inventò il telaio meccanico, al quale furono poi apportati numerosi perfezionamenti finché poté trovare pratica applicazione nel 1801.

Queste invenzioni diedero l'impulso al movimento sociale. La loro conseguenza più immediata fu il sorgere dell'industria inglese e, prima fra tutte, quella della trasformazione del cotone. La jenny aveva bensì abbassato il costo del refe ed aveva impresso la prima spinta all'industria con l'allargamento del mercato che ne derivò; ma non aveva portato cambiamenti di rilievo nell'organizzazione sociale dell'azienda industriale. Il movimento fu avviato dalle macchine di Arkwright e Crompton e dalla macchina a vapore di Watt, che crearono il sistema della fabbrica. Dapprima sorsero delle piccole fabbriche azionate dall'energia dei cavalli o dell'acqua, ma furono ben presto rimpiazzate da fabbriche piú grandi, azionate dall'acqua o dal vapore. La prima filanda a vapore fu impiantata nel 1785 da Watt nel Nottinghamshire; ne seguirono delle altre finché presto il sistema non si generalizzò. L'estensione della filatura a vapore, come tutte le altre riforme industriali contemporanee e posteriori, andò avanti con incredibile velocità. L'importazione del cotone greggio, che nel 1770 non superava i cinque milioni di libbre l'anno, salì a 54 milioni di libbre (1800) e nel 1836 a 360 milioni. Adesso il telaio a vapore trova applicazione pratica dando nuovo impulso al progresso industriale; tutte le macchine subirono innumerevoli miglioramenti, in sé di poca entità, ma assai importanti se considerati nel loro complesso, ed ogni nuovo miglioramento ebbe un'influenza favorevole sull'espansione di tutto il sistema industriale. Tutti i rami dell'industria del cotone vennero rivoluzionati; le stampatura fu infinitamente migliorata in seguito all'applicazione di ausili meccanici e i progressi della chimica perfezionarono i procedimenti di coloritura e candeggio; la fabbricazione di calze fu attratta nella corrente; dal 1809 si produssero a macchina prodotti fini di cotone, tulle, merletti, ecc. Mi manca qui lo spazio per seguire nei dettagli della sua storia il progresso della lavorazione del cotone; posso darne solo il risultato, che non mancherà di fare il suo effetto in confronto con l'industria antidiluviana, con i suoi quattro milioni di libbre di cotone importate, con il suo filatoio, il suo cardo ed il suo telaio a mano.

Nel 1833 furono filati nell'impero britannico 10.264 milioni di matasse di refe, la cui lunghezza supera i 5.000 milioni di miglia, e stampate 350 milioni di braccia di tessuto di cotone; erano attive 1.300 fabbriche di cotone, nelle quali erano occupati 237.000 filatori e tessitori; erano in funzione oltre 9 milioni di fusi, 100.000 telai a vapore e 240.000 a mano, 33.000 telai da calze e 3.500 macchine da tulle; 33.000 cavalli vapore e 11.000 cavalli idrici azionavano macchine per la trasformazione del cotone e un milione e mezzo di persone vivevano direttamente o indirettamente dei proventi di questo ramo dell'industria. Il Lancashire vive esclusivamente della filatura e tessitura del cotone, il Lanarkshire in gran parte; il Nottinghamshire, il Derbyshire ed il Leicestershire sono le sedi principali dei rami subordinati della industria del cotone. La quantità di prodotti di cotone esportati è cresciuta di otto volte dal 1801; la massa di prodotto consumata in loco è cresciuta ancora di piú.

L'impulso dato alla fabbricazione del cotone si comunicò ben presto a tutti gli altri rami dell'industria. Fino a quel momento l'industria della lana aveva rappresentato il cespite principale di profitto; adesso fu spinta in secondo piano dal cotone ma, invece di contrarsi, si espanse anch'essa. Nel 1785 s'era accumulata tutta la lana non lavorata in tre anni; i filatori non potevano lavorarla finché continuavano a servirsi del loro semplice filatoio a mano. Allora si cominciò ad adoperare anche per la lana i filatoi meccanici del cotone, che si adattarono perfettamente dopo qualche modifica, e l'industria della lana conobbe la medesima rapida espansione della fabbricazione del cotone che abbiamo già visto. L'importazione di lana grezza sali da 7 milioni di libbre nel 1801 a 42 milioni di libbre nel 1835; l'anno passato erano attive 1.300 fabbriche di lana con 71.300 lavoratori, senza contare una massa di tessitori a mano che lavorano a domicilio, nonché di stampatori, coloritori, candeggiatori, ecc. ecc., che parimenti vivono indirettamente dei proventi della lavorazione della lana. Questo ramo dell'industria è localizzato principalmente nel West-Riding dello Yorkshire e nell'«ovest d'Inghilterra» (in particolare nel Somersetshire, Wiltshire, ecc.).

L'industria del lino era dapprima concentrata in Irlanda. Verso la fine del secolo scorso furono impiantate in Scozia le prime fabbriche per la lavorazione del lino. I macchinari erano ancora assai imperfetti; il materiale dava luogo a inconvenienti che esigevano importanti modifiche delle macchine. Il francese Girard (1810) fu il primo a perfezionarle; ma soltanto in Inghilterra questi miglioramenti ebbero un'importanza pratica. L'applicazione del telaio a vapore nella lavorazione del lino si verificò ancora piú tardi; da questo momento in poi la fabbricazione del lino conobbe un notevole incremento in tempi brevissimi, benché avesse a patire della concorrenza del cotone. In Inghilterra essa si accentrò a Leeds, in Scozia a Dundee e in Irlanda a Belfast. Solo Dundee importò nel 1814 3.000, nel 1834 19.000 tonnellate di lino grezzo. La esportazione di lino dell'Irlanda, ove la tessitura a mano s'era mantenuta in vita accanto a quella a vapore, sali, dal 1800 al 1825, a circa 20 milioni di yards, che furono quasi tutte avviate in Inghilterra e da qui, in parte, riesportate; l'esportazione di tutto l'impero britannico verso paesi stranieri, dal 1820 al 1833, crebbe fino a circa 27 milioni di yards; nel 1835 erano attive 347 fabbriche di lino, delle quali 170 in Scozia; in queste fabbriche erano occupati 33.000 lavoratori, senza contare i numerosi artigiani irlandesi.

L'industria della seta acquistò importanza a partire dal 1824, con l'abolizione delle pesanti imposte doganali; da allora l'importazione di seta grezza si è raddoppiata e il numero delle fabbriche è salito a 266; con 30.000 lavoratori. Questa industria è localizzata principalmente nel Cheshire (Macclesfield, Congleton e dintorni), poi a Manchester e a Paisley in Scozia. I nastri, vengono fabbricati a Coventry nel Warwickshire.

Questi quattro rami dell'industria, la confezione di refe e tessuti, furono così totalmente rivoluzionati. Il lavoro a domicilio fu sostituito dal lavoro in comune in grandi edifici; il lavoro manuale fu rimpiazzato dall'energia motrice del vapore e dal lavoro delle macchine. Con l'aiuto delle macchine un fanciullo di otto anni poteva fare adesso più di quanto non potessero far prima venti adulti; seicentomila lavoratori di fabbrica, la metà dei quali fanciulli e piú della metà donne, svolgono il lavoro di centocinquanta milioni di uomini.

Ma questo non è che l'inizio della rivoluzione industriale. Abbiamo visto come il progresso della filatura e della tessitura abbia favorito l'espansione dei processi di coloritura, stampatura e candeggio che, di conseguenza, chiesero aiuto alla meccanica ed alla chimica. Dall'applicazione della macchina a vapore e del cilindro metallico ai procedimenti di stampatura un solo uomo fa il lavoro di duecento; utilizzando il cloro al posto dell'acido nel candeggio, il tempo richiesto da questa operazione si è ridotto da un paio di mesi a un paio d'ore. Se l'influsso della rivoluzione industriale si era tanto esteso ai processi cui viene sottoposto il prodotto dopo la filatura e tessitura, l'effetto di ritorno sul materiale adoperato dalla nuova industria fu ancora piú importante. La macchina a vapore diede per la prima volta un valore agli inesauribili giacimenti di carbone che si estendono sotto la superficie dell'Inghilterra; furono aperte in massa nuove miniere di carbone e le vecchie furono sfruttate con raddoppiata energia. La produzione dei filatoi e dei telai meccanici cominciò a diventare un ramo autonomo dell'industria, che fu portato ad un grado di perfezione mai raggiunto da nessun'altra nazione. Le macchine vengono costruite con altre macchine; con una divisione del lavoro spinta ai minimi dettagli si raggiunsero quella precisione ed esattezza nelle quali consiste la superiorità delle macchine inglesi. La fabbricazione delle macchine retroagì sulla produzione del ferro e del rame, che ricevette dunque l'impulso principale da un altro lato, pur essendo stata inizialmente stimolata dalle rivoluzionarie invenzioni di Watt ed Arkwright.

Le conseguenze dell'impulso dato all'industria sono infinite. Il movimento d'un singolo ramo dell'industria si comunica a tutti gli altri. Le forze nuovamente trovate esigono nutrimento, come abbiamo appena visto; la nuova popolazione lavoratrice comporta una nuova organizzazione della vita e nuovi bisogni. I vantaggi meccanici del processo di fabbricazione fanno scendere il prezzo del manufatto e, di conseguenza facilitano il soddisfacimento dei bisogni vitali ed accrescono il potere d'acquisto del salario; tutti gli altri prodotti possono esser venduti piú a buon mercato e di conseguenza ottengono un mercato che si estende in proporzione della loro maggiore commerciabilità. Una volta dato l'esempio dei vantaggi derivanti dall'applicazione di mezzi meccanici, esso viene seguito poco a poco in tutti i rami dell'industria, il fiorire della civiltà, che è la conseguenza immancabile di tutti i miglioramenti apportati all'industria, crea nuovi bisogni, nuovi rami industriali e quindi nuovi miglioramenti. La conseguenza del rivoluzionamento della filatura del cotone dové essere necessariamente una rivoluzione dell'intera industria; e se non possiamo sempre seguire il comunicarsi della forza motrice ai rami piú periferici del sistema industriale, ciò è da imputarsi unicamente alla mancanza dei dati statistici e storici. Ma vedremo ovunque che l'introduzione dei mezzi meccanici e, in generale, dei princìpi scientifici, fu la molla del progresso.

La lavorazione dei metalli costituisce, dopo la filatura e la tessitura, il principale ramo dell'industria inglese. Essa è localizzata principalmente nel Warwickshire (Birmingham) e nello Staffordshire (Wolverhampton). L'energia del vapore fu ben presto applicata e, tanto per mezzo di essa, quanto per mezzo della divisione del lavoro, i costi di produzione dei prodotti metallici vennero ridotti di tre quarti. In compenso si quadruplicò, dal 1800 al 1835, l'esportazione. Nel 1800 si esportarono 43.000 quintali di lavorati di ferro ed altrettanti di lavorati di rame, nel 1835 160.000 quintali di lavorati di ferro e 105.000 quintali di lavorati di rame e di ottone. In questi stessi anni divenne rilevante l'esportazione di barre di ferro e ghisa; nel 1800 si esportarono 4.600 tonnellate di ferro in barre, nel 1835 92.000 tonnellate di barre di ferro e 14.000 tonnellate di ghisa.

Tutte le lame inglesi vengono prodotte a Sheffield. L'utilizzazione dell'energia del vapore, per l'affilatura e la lucidatura delle lame, la trasformazione del ferro in acciaio, che ora è divenuta importante, e il metodo recentemente scoperto per fondere l'acciaio, provocarono anche in questo campo una completa rivoluzione. Soltanto Sheffield consuma annualmente 500.000 tonnellate di carbone e 12.000 tonnellate di ferro, 10.000 delle quali importate dall'estero (specie dalla Svezia).

Il consumo di prodotti di ghisa risale anch'esso alla seconda metà del secolo scorso e solo negli ultimi anni ha acquistato l'importanza che ha attualmente. L'illuminazione a gas (introdotta praticamente dal 1804) sviluppò una immensa domanda di tubi di ghisa; le ferrovie, i ponti pensili, ecc., i macchinari, ecc. incrementarono ancora di piú questa domanda. Nel 1780 fu inventato il puddellaggio, che sarebbe la trasformazione della ghisa in ferro da forgia per mezzo del calore e della sottrazione del carbonio, il che conferì nuova importanza alle miniere inglesi di ferro. A causa della carenza di lignite gli inglesi avevano dovuto, fino ad allora, importare dall'estero tutto il loro fabbisogno di ferro da forgia. Dal 1790 si fabbricarono a macchina i chiodi e, dal 1810, le viti; nel 1760 Huntsman inventò a Sheffield la fusione dell'acciaio; il filo metallico venne prodotto a macchina e, in generale, fu introdotta una gran quantità di macchine nell'industria del ferro e dell'ottone, fu eliminato il lavoro manuale e, per quanto lo consentiva la natura della cosa, fu realizzato il sistema della fabbrica.

L'ampliamento delle miniere fu una conseguenza, necessaria. Fino al 1788 tutto il minerale di ferro veniva fuso con la lignite e la produzione di ferro era limitata a causa della scarsa quantità del combustibile. A partire dal 1788 si cominciò ad adoperare, il coke (carbone solforato) al posto della lignite, col risultato che in sei anni la produzione annua si accrebbe di sei volte. Nel 1740 si producevano annualmente 17.000 tonnellate, nel 1835 553.000 tonnellate. Lo sfruttamento delle miniere di stagno e di rame si intensificò di tre volte rispetto al 1770. Ma oltre alle miniere di ferro quelle di carbone rappresentano la piú importante attività estrattiva d'Inghilterra. L'incremento della produzione di carbone, dalla metà del secolo scorso, è incalcolabile. La massa di carbone che oggi viene consumata dalle innumerevoli macchine a vapore attive nelle fabbriche e nelle miniere, dalle fucine, dai forni e dalle fonderie, e per il riscaldamento privato d'una popolazione che s'è raddoppiata, è senza confronto con la quantità che veniva consumata cento o ottanta anni fa. La fusione del ferro greggio richiede da sola oltre tre milioni di tonnellate (dieci quintali per tonnellata).

La creazione dell'industria ebbe come conseguenza immediata il miglioramento dei mezzi di comunicazione. Nel secolo scorso, in Inghilterra, le strade erano cattive come negli altri paesi e lo restarono finché il celebre MacAdam fondò su princìpi scientifici l'ingegneria stradale dando così un nuovo impulso al progresso della civiltà. Dal 1818 al 1829 in Inghilterra e nel Galles vennero tracciate nuove strade maestre per una lunghezza complessiva di 1.000 miglia inglesi, senza contare le vie di campagna piú piccole, e tutte le antiche furono rinnovate secondo i princìpi di MacAdam. In Scozia la magistratura dei lavori pubblici costruì dal 1803 oltre 1.000 ponti; in Irlanda le lande paludose e desertiche del sud, abitate da una stirpe semiselvaggia di predoni, furono tagliate da strade. In tal modo furono resi accessibili tutti gli angoli del paese che fino ad allora erano stati tagliati fuori da ogni comunicazione col mondo; furono così costretti a far la conoscenza col mondo esterno e ad accogliere la civiltà che veniva loro imposta a forza i distretti del Galles di lingua celtica, gli altopiani scozzesi e l'Irlanda meridionale.

Nel 1755 fu aperto nel Lancashire il primo canale degno d'esser menzionato; nel 1795 il duca di Bridgewater iniziò i lavori di scavo del suo canale da Worsley a Manchester. Da allora sono stati costruiti canali per una lunghezza complessiva di 2.200 miglia; oltre a questi l'Inghilterra possiede ancora 1.800 miglia di fiumi navigabili, la gran parte dei quali è stata resa transitabile negli ultimi anni.

Dal 1807 fu applicata l'energia del vapore alla trazione delle navi e dal momento della costruzione del primo vapore inglese (1811) ne furono costruiti altri 600. Nel 1835 erano attivi nei porti britannici circa 550 vapori.

La prima ferrovia pubblica fu costruita nel Surrey nel 1801; ma solo con l'apertura della ferrovia Liverpool-Manchester (1830) il nuovo mezzo di comunicazione acquistò una reale importanza. Sei anni piú tardi erano state aperte 680 miglia inglesi di strade ferrate e quattro grandi linee si trovavano in costruzione: da Londra a Birmingham, Bristol e Southampton, e da Birmingham a Manchester e Liverpool. Da allora la rete fu estesa a tutta l'Inghilterra; Londra è il punto nodale di nove e Manchester di cinque strade ferrate*1.

Questo rivoluzionamento dell'industria inglese è la base di tutti i moderni rapporti inglesi, la forza motrice dell'intero movimento sociale. La sua prima conseguenza fu l'innalzamento dell'interesse alla sovranità sull'uomo. L'interesse si impadronì delle forze dell'industria appena sorte e le sfruttò per i propri scopi; queste forze, che di diritto appartengono all'umanità, divennero, ad opera della proprietà privata, monopolio di pochi ricchi capitalisti e strumento per l'asservimento delle masse. Il commercio assorbi l'industria e divenne così onnipotente, divenne il legame dell'umanità; ogni rapporto fra le persone e fra le nazioni si risolse in un rapporto commerciale e, ciò che è lo stesso, la proprietà, la cosa, venne elevata a signora del mondo.

Il dominio della proprietà dové dapprima volgersi necessariamente contro lo Stato e dissolverlo o, non potendo la proprietà farne a meno, almeno svuotarlo. Adam Smith iniziò quest'opera di svuotamento contemporaneamente alla rivoluzione industriale, pubblicando nel 1776 la sua Ricerca sulla natura e sulle cause della ricchezza delle nazioni e creando così la scienza finanziaria. Tutta la scienza finanziaria tradizionale era stata esclusivamente nazionale; l'economia dello Stato era considerata un semplice ramo dello Stato e veniva subordinata allo Stato come tale; Adam Smith assoggettò il cosmopolitismo agli interessi nazionali ed elevò l'economia dello Stato a essenza e fine dello Stato. Egli ridusse la politica, i partiti, la religione e tutto il resto alle categorie economiche e riconobbe in tal modo che la proprietà è l'essenza e l'arricchimento il fine dello Stato. Dall'altro lato William Godwin sostenne il sistema politico repubblicano (Political Justice, 1793), enunciò contemporaneamente a J. Bentham il principio dell'utilitarismo, con il quale furono tratte le legittime conseguenze del principio repubblicano salus publica suprema lex4, ed attaccò l'essenza stessa dello Stato con il suo principio che lo Stato è un male. Godwin concepisce ancora in modo affatto generico il principio utilitaristico, come dovere del cittadino a vivere per il bene di tutti trascurando l'interesse individuale; Bentham invece sviluppa ulteriormente la natura essenzialmente sociale di questo principio, facendo dell'interesse individuale la base dell'interesse generale, in armonia con la contemporanea tendenza nazionale, vedendo l'identità di entrambi nel principio sviluppato particolarmente dal suo allievo Mill, secondo il quale l'amore umano non è che egoismo illuminato, e sostituendo al «bene di tutti» la massima felicità del maggior numero. Nel suo empirismo Bentham incorre qui nello stesso errore che Hegel aveva commesso nella teoria; egli non è coerente riguardo al superamento degli opposti, fa del soggetto il predicato, fa del tutto un suddito della parte e mette così tutto sulla testa. Dapprima egli parla dell'inseparabilità dell'interesse generale da quello dei singoli, ma poi si arresta unilateralmente al crasso interesse individuale; il suo principio non è che l'espressione empiristica dell'altro, che l'uomo è l'umanità, ma poiché esso è espresso empiristicamente, egli attribuisce i diritti del genere all'uomo rozzo, cieco, invescato nelle opposizioni e non all'uomo libero, cosciente di sé e creativo: Egli fa della libera concorrenza l'essenza dell'eticità, regola le relazioni dell'umanità secondo le leggi della proprietà, della cosa, secondo leggi di natura, e rappresenta quindi il compimento dell'antico mondo naturale cristiano, il culmine piú alto dell'alienazione ma non l'inizio della nuova condizione, che deve essere instaurata dall'uomo autocosciente in piena libertà. Egli non va al di là dello Stato, ma lo priva di ogni contenuto, mette dei princìpi sociali al posto di quelli politici, fa dell'organizzazione politica la forma del contenuto sociale e reca così la contraddizione al suo punto più acuto.

Contemporaneamente alla rivoluzione industriale sorse il partito democratico. Nel 1769 J. Horne Tooke fondò la Society of the Bill of Rights, nella quale, per la prima volta dalla repubblica, si discussero princìpi democratici. Come in Francia i democratici erano uomini di pura cultura filosofica, che però si avvidero ben presto che le classi elevate e quelle medie erano loro avversarie e solo la classe lavoratrice prestava orecchio ai loro princìpi. In questa essi trovarono presto un partito, e questo partito era già abbastanza forte nel 1794, ma non tanto forte, da poter agire diversamente che a sussulti5. Dal 1797 al 1816 non se ne senti più parlare; negli anni tempestosi fra il 1816 e il 1823 esso ridivenne molto attivo, ma poi, fino alla rivoluzione di luglio, ripiombò nell'immobilità. Dalla rivoluzione di luglio in poi esso ha mantenuto la sua importanza accanto agli altri antichi partiti e, come vedremo, lo si considera in costante ascesa.

Il risultato piú importante del secolo diciottesimo per l'Inghilterra fu la creazione del proletariato ad opera della rivoluzione industriale. La nuova industria esigeva una massa sempre disponibile di lavoratori per gli innumerevoli nuovi rami del lavoro, e tanti quanti mai prima ve n'erano stati. Fino al 1780 l'Inghilterra aveva meno proletari, come si deduce necessariamente dalla situazione sociale della nazione dianzi esposta. L'industria concentrò il lavoro nelle fabbriche e nelle città; la convivenza dell'attività industriale con quella agricola fu resa impossibile e la nuova classe di lavoratori venne resa dipendente esclusivamente dal suo lavoro. La tradizionale eccezione divenne la regola e si estese man mano anche al di fuori delle città. La coltura parcellare della terra fu eliminata dai grandi fittavoli, dando cosi origine ad una nuova classe di contadini salariati. Le città triplicarono e quadruplicarono la loro popolazione, e quasi tutto l'incremento consisté di lavoratori. L'espansione dell'attività estrattiva richiedette parimenti un gran numero di nuovi lavoratori, ed anche questi vivevano del solo salario giornaliero.

D'altra parte la classe media si trasformò in una vera e propria aristocrazia. Gli industriali moltiplicarono nel movimento dell'industria il loro capitale con una rapidità stupefacente; anche i commercianti si ebbero la loro parte e il capitale creato da questa rivoluzione costituí il mezzo col quale l'aristocrazia inglese combatté la rivoluzione francese.

Il risultato dell'intero movimento fu che l'Inghilterra è adesso divisa in tre partiti: l'aristocrazia terriera, l'aristocrazia del denaro e la democrazia lavoratrice. Questi sono i soli partiti in Inghilterra, le uniche molle efficaci; come esse operino, tenteremo forse di esporlo in un prossimo articolo.


Note

*1. Questi particolari statistici sono tratti in gran parte dal Progress of the Nation di G. Porter, funzionario del Board of Trade sotto il ministero whig, e dunque da una fonte ufficiale3. [Nota di Engels]

1. Engels si riferisce alle seguenti scoperte: quella dello studioso inglese Black che, sulla base del metodo quantitativo, pose la prima pietra della chimica dei gas; quella dello studioso inglese Joseph Priestley che con metodi empirici scopri l'ossigeno, e del francese Lavoisier, che forni la spiegazione teorica di questa scoperta e confutò l'ipotesi flogistica.

2. Quando Engels scriveva il suo articolo la storia agraria d'Inghilterra non era stata ancora studiata. Ricerche posteriori accertarono che la maggioranza dei contadini inglesi non soggetti alla dipendenza personale della servitù della gleba era composta, nei secoli XV e XVΙ, di copyholders (fittavoli ereditari, che pagavano una tassa feudale). I concetti di vilains, bordars, cottars designano, secondo la moderna scienza storica, le diverse categorie nelle quali i servi della gleba si ripartivano nell'Inghilterra medievale.

3. Nel 1892 Engels fece la seguente integrazione ad una nota analoga dell'introduzione del suo libro La situazione della classe operaia in Inghilterra: «Lo schizzo storico del rivolgimento industriale abbozzato sopra è inesatto in qualche particolare; ma nel 1843-1844 non esistevano fonti migliori».

4. Il bene pubblico è legge suprema.

5. Engels si riferisce qui alle società democratiche di corrispondenza fondate in molte città inglesi sotto l'influenza della rivoluzione francese negli anni novanta del XVΙΙI secolo. La prima — la London Correspondence Society — fu fondata nel 1792. Nell'autunno 1793 fu fatto un tentativo di riunire queste organizzazioni convocando un congresso a Edimburgo che assunse il nome di convenzione. Il governo rispose con rappresaglie e alcuni membri della convenzione subirono condanne. Nel 1794 i capi della London Correspondence Society (Thomas Hardy, Horne Tooke e altri) furono arrestati. Alla fine degli anni novanta le società di corrispondenza cessarono ogni attività, tuttavia le loro idee e le loro tradizioni ebbero una grande influenza nei successivi sviluppi del movimento radicale in Inghilterra, specialmente nel periodo di intense agitazioni per la riorganizzazione democratica del sistema politico del paese nel 1816-1823.


Ultima modifica 2021.02.17