Lezioni dalla Guerra Civile Americana

Engels (1861)


Written: November, 1861
Source: Marx/Engels Collected Works, Volume 19
Publisher: Progress Publishers, Moscow, 1964
First Published: The Volunteer Journal, for Lancashire and Cheshire No. 66, December 6, 1861
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Traduzione Italiana a cura di: Claudio Patrizi


Quando, qualche settimana addietro, focalizzavamo l'attenzione sul processo di scrematura resosi necessario nell'esercito volontario americano, eravamo ben lungi dall'esaurire le valide lezioni che questa guerra sta continuamente impartendo ai volontari della nostra sponda dell'Atlantico. Crediamo quindi opportuno ritornare sull'argomento.

Il tipo di guerra che si sta svolgendo in America è davvero senza precedenti. Dal Missouri alla Baia di Chesapeake, un milione di uomini, piuttosto equamente divisi fra due parti ostili, si fronteggiano ormai da circa sei mesi senza mai essere giunti ad una sola azione generale. Nel Missouri, i due eserciti avanzano, si ritirano, ingaggiano battaglia, avanzano e di nuovo si ritirano, a turno, senza un risultato visibile; ancora, dopo sette mesi di marce e contro-marce, che debbono aver ridotto il terreno ad uno stato miserevole, le cose sembrano meno decisive che mai. Nel Kentucky, dopo un lungo periodo di apparente neutralità, ma, in realtà, di preparazione, un tale stato di cose sembra imperante; nel West Virginia, svariate piccole scaramucce si protraggono senza apparente risultato; e sul Potomac, dove le maggiori forze dei rispettivi eserciti si concentrano, quasi osservandosi a vicenda, nessuno si prende la briga di attaccare, a riprova del fatto che, stando così le cose, perfino una vittoria sarebbe di nessuna utilità. Ed a meno che circostanze estranee producano dei cambiamenti, questo statico modo di guerreggiare può protrarsi per molti mesi ancora.

Come si spiega tutto ciò?

Gli americani possono contare, da entrambi le parti, quasi su null'altro che volontari. Il ristretto nucleo del vecchio esercito regolare statunitense o si è dissolto, oppure è troppo debole per poter addestrare le enormi masse di reclute arruolate all'inizio della guerra. Per trasformare questi uomini in soldati, non ci sono neanche abbastanza sergenti. L'addestramento, di conseguenza, procede molto lentamente, e non si può dire quanto tempo occorra affinchè il materiale umano ammassato sulle due sponde del Potomac sarà pronto a muoversi in grandi raggruppamenti, ed ingaggiare battaglia con l'opposta fazione.

Ma seppure questi uomini fossero addestrati in un lasso di tempo ragionevole, mancherebbero pur sempre gli ufficiali per dirigerli. Pur non menzionando i capitani di compagnia (che non si possono reclutare fra i civili) non ci sono abbastanza ufficiali per formare dei comandanti di battaglione, neanche se si ricorresse ad ogni singlolo tenente.

Un numero consistente di colonnelli civili sono dunque impreparati; e nessuno che conosca i volontari può azzardarsi a definire McClennan o Beauregard dei temporeggiatori se evitano di entrare in azione oppure di compiere complicate manovre strategiche affidandosi a colonnelli con neanche sei mesi di ferma.

Tuttavia supponiamo che questa difficoltà sia, nel complesso, superabile; che i colonnelli civili, con le loro belle uniformi, abbiano acquisito le conoscenze ed esperienze tattiche atte ad espletare i loro doveri, almeno per quanto riguarda la fanteria. Ma come la mettiamo con la cavalleria? Addestrare un reggimento di cavalleria richiede un tempo maggiore, ed ufficiali con più esperienza, rispetto ad un reggimento di fanteria. Anche se tutti gli uomini sapessero già cavalcare, governare e nutrire il proprio cavallo, questo risparmierebbe ben poco del tempo necessario all'addestramento. Controllare il cavallo in modo che compia tutte le evoluzioni necessarie alle operazioni di cavalleria, è cosa ben diversa dal modo di cavalcare normalmente praticato dai civili. La cavalleria napoleonica, che Sir William Napier (Storia della Guerra Peninsulare) considerava perfino migliore della cavalleria inglese dell'epoca, era costituita dai più sgraziati cavalieri che abbiano mai inforcato una sella. E molti dei nostri migliori cavalieri, una volta entrati nei volontari a cavallo, hanno dovuto ammettere di avere ancora un bel po' da imparare. Non dobbiamo stupirci, dunque, di trovare gli americani del tutti insufficienti in fatto di cavalleria, e che quel poco che hanno consiste di una specie di Cosacchi o di Indiani irregolari, inadatti a compiere cariche in massa. Riguardo all'artiglieria, poi, le cose sono ancora peggiori, così come per il genio. Entrambi sono armi altamente scientifiche, e richiedono un lungo ed accurato periodo di addestramento per ufficiali e sottufficiali, e certamente, più addestramento anche per i soldati semplici, che nella fanteria. L'artiglieria, oltretutto, è un'arma più complessa da gestire rispetto alla stessa cavalleria; ci vogliono cannoni, cavalli addestrati al traino, e due classi di uomini: cannonieri e puntatori; inoltre occorrono numerosi carri-munizioni, vasti magazzini per i proiettili, forge, officine, e via dicendo; il tutto accompagnato da elaborati macchinari. Si stima che i Federali abbiano 600 cannoni in campo; ma come questi cannoni siano adoprati, si può facilmente immaginare, sapendo che è letteralmente impossibile, in sei mesi, tirare fuori dal nulla 100 batterie schierate e organizzate.

Ma supponiamo, ancora, che queste difficoltà siano state superate, e che le parti operative dei due schieramenti siano in condizione di svolgere il loro lavoro; potrebbero muoversi? Difficilmente. Un esercito va nutrito; ed in una regione scarsamente popolata come il Kentucky, deve attingere principalmente dalle riserve. Le munizioni vanno reintegrate; deve avere al seguito armaioli, sellai, sarti ed artigiani di ogni sorta, per mantenere il proprio equipaggiamento in buono stato. Tutti questi requisiti brillano per la loro mancanza in America; debbono essere creati dal nulla.

L'America, sia il Nord che il Sud, Federali e Confederati, non aveva un'organizzazione militare. L'esercito era totalmente inadatto a fronteggiare un qualsiasi almeno rispettabile nemico; e la milizia quasi inesistente. Le precedenti guerre dell'Unione non avevano mai messo a dura prova la forza militare della nazione; l'Inghilterra, fra il 1812 e il 1814, non mise in campo molti uomini, e il Messico ricorse principalmente alla marmaglia. La posizione geografica dell'America ha fatto sì che che nessun nemico potesse mai attaccarla con più di 30 o 40 mila soldati nella peggiore delle ipotesi; ed a tali numeri le immense distese della nazione opporrebbero ben più temibili ostacoli di qualsiasi truppa l'America potesse riuscire a schierargli contro; mentre il suo esercito sarebbe stato sufficiente a formare un nucleo di circa 100 mila volontari, addestrati in un tempo ragionevole. Ma quando la guerra civile ha richiamato più di un milione di combattenti, l'intero sistema si è sgretolato, ed per ogni cosa si è dovuto ricominciare da capo. E i risultati sono dinanzi ai nostri occhi. Due immense, impacciate distese di uomini, timorosi gli uni degli altri, quasi più preoccupati della vittoria che della sconfitta, si fronteggiano, cercando, a costi spaventosi, di darsi una pur minima organizzazione. Lo spreco di denaro, pur spaventoso, è inevitabile, data la totale assenza di quel lavoro sotterraneo necessario alla costruzione di una tale struttura. Ignoranza ed inesperienza regnando sovrane in ogni ministero, come potrebbe essere altrimenti? D'altro canto, il ritorno per la spesa sostenuta, in termini di efficienza ed organizzazione, è ben poco; e come poteva essere altrimenti?

I volontari britannici possono ringraziare i loro santi protettori se trovano, al loro arruolamento, un esercito esperto, numeroso e ben disciplinato che li prende sotto le sue ali protettrici. A parte gli immancabili pregiudizi inerenti ogni sorta di istituzione, quell'esercito li riceve e tratta con i guanti. Si spera che né i volontari né i civili possano mai pensare che il nuovo tipo di servizio militare possa superare, da qualsiasi punto di vista, quello vecchio. Se qualcuno la pensa così, basta uno sguardo ai due eserciti volontari americani per provarne l'ignoranza e la follia. Nessun esercito di nuova formazione può sopravvivere senza l'addestramento e l'apporto delle immense risorse materiali ed intellettuali che costituiscono il bagaglio di un serio esercito regolare, e soprattutto di quella organizzazione che di quell'esercito è a capo. Supponiamo una minaccia di invasione in Inghilterra, e cerchiamo di paragonare quello che si farebbe a ciò che inevitabilmente sta accadendo in America. In Inghilterra, il Ministero della Guerra, con l'ausilio di pochi buoni addetti, facili da trovare fra dei militari ben addestrati, sarebbe all'altezza di fornire il necessario supporto ad un esercito di 300 mila volontari; sottufficiali ce ne sono a bizzeffe; tre o quattro battaglioni di volontari ognuno con il suo compito specifico, e, con un piccolo sforzo, ogni battaglione avrebbe il suo ufficiale di linea come assistente ed il suo colonnello. La cavalleria, decisamente, non si può improvvisare; ma una decisa riorganizzazione dei volontari artiglieri (con ufficiali e puntatori della Regia Artiglieria) riuscirebbe a guidare più di una batteria da campo. Gli ingegneri civili aspettano solo l'opportunità di ricevere quell'addestramento militare che li trasformerebbe in ingegneri ufficiali di prim'ordine. Il ministero dei trasporti è già organizato, e potrebbe servire ai bisogni di 400 mila uomini facilmente come se fossero 100 mila. Nulla sarebbe lasciato al caso, e nulla sarebbe sconvolto; dovunque ci sarebbe aiuto ed assistenza ai volontari, che non sarebbero costretti a brancolare nel buio; e, a parte qualche grossolano errore che l'Inghilterra non evita mai ogniqualvolta si getta in una guerra, non abbiamo ragione di dubitare che in sei settimane tutto filerebbe liscio come l'olio. Ora, guardate l'America, e dite se un esercito di volontari è all'altezza di un esercito regolare.


Ultima modifica 25.9.2002