Il seguente lavoro non è affatto il frutto di un "impulso interiore". Al contrario.
Quando tre anni or sono tutto ad un tratto il sig. Dühring, nella sua qualità di neofita e ad un tempo di riformatore del socialismo, sfidò a battaglia il suo secolo, in Germania alcuni amici mi fecero ripetutamente sentire il loro desiderio che io esaminassi criticamente questa nuova teoria socialista nell'organo centrale del partito socialdemocratico, che era allora il "Volksstaat" [2]. Essi ritenevano che la cosa fosse assolutamente necessaria, se non si voleva dare di nuovo occasioni a scissioni settarie e a confusione nel partito ancora così giovane e che aveva proprio allora appena raggiunto la sua definitiva unificazione. Essi erano in condizione di giudicare la condizione in Germania molto meglio di me, ed io ero quindi in dovere di aver fede in loro. Inoltre si vedeva che una parte della stampa socialista aveva dato al neofita il suo benvenuto con un calore che certo valeva solo per la buona volontà di Dühring, ma che nello stesso tempo lasciava scorgere anche, in questa parte della stampa del partito, la buona volontà di accettare ad occhi chiusi, proprio in conto di questa buona volontà di Dühring, anche la sua dottrina. C'era anche della gente che già si accingeva a diffondere tra gli operai questa dottrina resa in una forma più popolare. E finalmente Dühring e la sua piccola setta impiegavano tutte le arti della réclame e dell'intrigo per costringere il "Volksstaat" a pendere una posizione decisa di fronte alla nuova dottrina che si presentava con pretese così imponenti.
Tuttavia c'è voluto un anno per potermi decidere, trascurando altri lavori, e prendere questa gatta da pelare. Era proprio una faccenda che, una volta affrontata, doveva essere portata fino in fondo. E non era solo molto spiacevole, ma anche molto grossa. La nuova teoria socialista si presentava come l'ultimo frutto pratico di un nuovo sistema filosofico. Si trattava quindi di esaminarla in connessione con questo sistema e, di conseguenza, di esaminare il sistema stesso: si trattava di seguire Dühring in quel vasto campo in cui egli tratta di tutte le cose possibili e di altre ancora. Così ebbe origine una serie di articoli che dal principio del 1877 sono apparsi nel "Vorwärts" di Lipsia, succeduto al "Volksstaat", e che si presentano qui in un tutto unico.
Così proprio la natura dell'oggetto stesso ha costretto la critica ad un'ampiezza che è assolutamente sproporzionata al contenuto scientifico di questo oggetto, cioè degli scritti dühringiani. Ma anche altre due circostanze possono giustificare quest'ampiezza. Da una parte essa mi ha dato la possibilità di sviluppare positivamente nei campi diversissimi, che qui devono essere toccati, il mio modo di vedere su punti controversi che oggi hanno un vasto interesse scientifico o pratico. Ciò è accaduto in ogni singolo capitolo e, per quanto poco io possa avere il fine di contrapporre un altro sistema al "sistema" di Dühring, è sperabile tuttavia che al lettore non sfuggirà il nesso interno nelle opinioni che io sostengo. E già ora ho prove sufficienti che il mio lavoro, sotto questo riguardo, non è stato completamente infruttuoso.
D'altra parte il "creatore di sistema" Dühring non è un fenomeno isolato nella Germania del tempo presente. Da qualche tempo in Germania i sistemi di cosmogonia, di filosofia della natura in generale, di politica, di economia, ecc., spuntano come i funghi a dozzine dalla sera alla mattina. Ormai l'ultimo dottorello in filosofia, e perfino lo studente, non si accinge a qualcosa che non sia meno di un "sistema" compiuto. Come nello Stato moderno si presume che ogni cittadino sia maturo per giudicare su tutte le questioni sulle quali deve votare; come in economia si suppone che ogni consumatore sia un profondo conoscitore di tutte le merci che si trova a dover acquistare per il suo sostentamento, analogamente ora ci si deve comportare anche nella scienza. Libertà scientifica significa che si scrive su tutto ciò che non si è appreso, e questo si spaccia per l'unico metodo rigorosamente scientifico. Ma Dühring è uno dei tipi più caratteristici di questa invadente pseudoscienza che al giorno d'oggi in Germania si spinge dappertutto in prima linea e che soverchia ogni voce con le sue chiassose sublimi sciocchezze. Sublimi sciocchezze in poesia, in filosofia, in politica, in economia, in storiografia; sublimi sciocchezze dalla cattedra e alla tribuna, sublimi sciocchezze dappertutto; sublimi sciocchezze con la pretesa ad una superiorità e ad una profondità di pensiero che le distingue dalle sciocchezze semplici, piattamente volgari di altre nazioni; sublimi sciocchezze: è questo il prodotto più caratteristico e più abbondante dell'industria intellettuale tedesca, a buon mercato ma cattivo, proprio come altri manufatti tedeschi accanto ai quali, disgraziatamente, non era stato esposto a Filadelfia [3]. Perfino il socialismo tedesco, specialmente dopo il buon esempio di Dühring, si è messo di recente a produrre in misura assai cospicua sublimi sciocchezze e lancia uno dopo l'altro individui che si ringalluzziscono in una "scienza" della quale "in realtà non hanno imparato niente" [4]. È questa una malattia infantile che rileva l'incipiente conversione dell'uomo di studio tedesco alla socialdemocrazia ed è inseparabile da essa, ma che sarà certo superata dalla natura notevolmente sana dei nostri operai.
Non è stata colpa mia se ho dovuto seguire il sig. Dühring in campi dei quali io posso muovermi tutt'al più con le pretese che può avere un dilettante. In tali casi mi sono quasi sempre limitato a contrapporre alle affermazioni false o storte del mio avversario i fatti precisi e incontestati. Così è avvenuto nella scienza giuridica e in parecchi casi della scienza della natura. In altri casi si tratta di visioni generali della scienza teorica della natura, e quindi di un terreno in cui anche il naturalista di professione deve oltrepassare la sua specialità e invadere campi collaterali, campi nei quali, secondo la confessione di Virchow [5], anche lo specialista è altrettanto "superficiale" quanto noi altri. È sperabile che anche a me sarà accordata, per piccole imprecisioni e impacci di espressione, la stessa indulgenza che ci si usa vicendevolmente in questi campi.
Sul punto di chiudere questa prefazione mi perviene un annunzio libraio, stilato da Dühring, di una nuova opera "decisiva" di Dühring: "Nuove leggi fondamentali di fisica razionale e chimica razionale". Ora, per quanto io sia consapevole anche della deficienza delle mie conoscenze di fisica e di chimica, credo tuttavia di conoscere il mio Dühring e perciò di avere il diritto di dire in anticipo, senza aver mai visto il lavoro stesso, che le leggi di fisica e di chimica che qui vengono poste in campo, quanto a fraintendimenti e luoghi comuni, troveranno degnamente posto accanto alle leggi di economia, di figurazione schematica del mondo ecc. precedentemente scoperte dal Dühring ed esaminate nel mio lavoro, e che il rigometro, o strumento per la misurazione di temperature estremamente basse, costruito da Dühring, servirà come misura non di temperature alte o basse, ma unicamente e solamente dell'ignorante arroganza del sig. Dühring.
Londra, 11 giugno 1878
Non mi aspettavo che il seguente scritto dovesse uscire in una nuova edizione. Il soggetto che esso critica è oggi in pratica già dimenticato; lo scritto stesso non solo ha avuto molte migliaia di lettori quando nel 1877 e nel 1878 uscì a puntate nel "Vorwärts" di Lipsia, ma è stato anche stampato integralmente e separatamente in un'edizione a forte tiratura. Come può allora interessare ancora a qualcuno ciò che anni fa io ebbi a dire di Dühring.
In primo luogo forse io sono debitore di tutto ciò alla circostanza che questo scritto, come in generale quasi tutti i miei scritti che in quel tempo erano ancora in circolazione, fu proibito nell'impero tedesco immediatamente dopo la promulgazione della legge contro i socialisti [6]. L'effetto di questa misura doveva esser chiaro a chi non era inchiodato ai pregiudizi burocratici ereditari dei paesi della Santa Alleanza: smercio raddoppiato e triplicato dei libri proibiti, rivelazione dell'impotenza dei signori di Berlino che promulgano divieti e non possono farli osservare. In effetti l'amabilità del governo imperiale mi frutta più edizioni nuove dei miei scritti minori di quante io me ne possa accollare; non ho quindi il tempo di rivedere convenientemente il testo e sono costretto a farlo semplicemente ristampare quasi invariato.
Ma si aggiunge a ciò ancora un altra circostanza. Il "sistema" di Dühring, che qui io critico, si diffonde su un campo teorico molto vasto; sono stato quindi obbligato a seguirlo dappertutto e a contrapporre alle sue le mie concezioni. La critica negativa è di conseguenza diventata positiva; la polemica si è trasformata in un'esposizione più o meno unitaria del metodo dialettico e della visione comunista del mondo rappresentati da Marx e da me, e ciò in una serie piuttosto ampia di campi. Da quando con la "Miseria della filosofia" di Marx e col "Manifesto dei comunisti" questa nostra maniera di vedere le cose si presentò per la prima volta pubblicamente, essa ha subito un periodo di incubazione di venti anni buoni sino a che, da quando è stato pubblicato "Il Capitale", ha conquistato con rapidità crescente circoli sempre più vasti ed ora trova attenzione e seguito molto al di là dei confini dell'Europa, in tutti i paesi in cui ci sono da una parte dei proletari e dall'altra dei teorici spregiudicati della scienza. Sembra dunque che ci sia un pubblico il cui interesse per la cosa è sufficientemente grande per sorbirsi la polemica, per molti riguardi oggi priva di contenuto, contro le posizioni dühringiane, per amore degli sviluppi positivi che l'accompagnano.
Noto di passaggio che, poiché la maniera di vedere le cose qui sviluppata per la massima parte è stata fondata e sviluppata da Marx e solo in minima parte da me, si intende che la mia esposizione non poteva aver luogo senza che egli ne fosse a conoscenza. Prima di darlo alle stampe gli lessi tutto il manoscritto, e il decimo capitolo della sezione riguardante l'economia ("Della "storia critica"") è scritto da Marx e io ho dovuto solo, per considerazioni estrinseche, con mio rincrescimento, abbreviarlo un poco. Da sempre è stata appunto nostra consuetudine prestarci vicendevolmente aiuto quando si trattava di materie specialistiche.
La presente nuova edizione è, ad eccezione di un capitolo, una ristampa invariata della precedente. Anzitutto mi è mancato il tempo di una revisione radicale, per quanto desiderassi cambiare varie cose nell'esposizione. Inoltre ho il dovere di preparare per la stampa i manoscritti lasciati da Marx e questo è molto più importante di ogni altra cosa. D'altra parte la mia coscienza si oppone ad ogni correzione. Lo scritto è infatti una polemica ed io credo di essere in dovere verso il mio avversario di non apportare nessun miglioramento da parte mia dato che nessun miglioramento egli può apportare. Io potevo solo accampare il diritto di replicare alla risposta di Dühring. Ma non ho letto, e non leggerò, a meno che non ci sia un motivo particolare, ciò che Dühring ha scritto sul mio attacco: con lui, per quanto riguarda la teoria, l'ho finita. Del resto tanto più devo osservare nei suoi confronti le regole di convenienza delle lotte letterarie, in quanto dopo di allora egli è stato vittima di una vergognosa ingiustizia da parte dell'Università di Berlino. In verità essa ne è stata punita. Un'università che, nelle circostanze note, si presta a togliere a Dühring la facoltà di insegnare, non può meravigliarsi se nelle circostanze parimenti note, le si impone il sig. Schweninger [7].
Il solo capitolo nel quale mi sono permesso di aggiungere delucidazioni è il secondo della terza sezione, intitolato "Elementi teorici". In questo capitolo si tratta unicamente e solamente dell'esposizione di un punto centrale della concezione da me rappresentata, e il mio avversario non potrà lamentarsi se ho cercato di parlare in una forma più popolare e di completarne il contesto. E questo fatto ha avuto in verità un motivo estrinseco. Avevo infatti rielaborato tre capitoli dell'opera (il primo dell'introduzione e il primo ed il secondo della terza sezione) per il mio amico Lafargue in vista di una traduzione francese da pubblicarsi in opuscolo indipendente, e dopo che l'edizione francese era servita come base per un'edizione italiana ed una polacca, avevo curato un'edizione tedesca dal titolo "L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza". Essa, in pochi mesi, ha avuto tre edizioni ed è apparsa anche tradotta in russo e in danese. In tutte queste edizioni soltanto il capitolo in questione aveva avuto delle aggiunte e sarebbe stato da pedante se nella nuova edizione dell'opera originale io mi fossi voluto attenere al testo originario di fronte alla sua forma più recente, divenuta internazionale.
Per altro, ciò che avrei voluto modificare si riferisce principalmente a due punti. Il primo riguarda la storia primitiva dell'umanità, della quale solo nel 1877 Morgan ci ha fornito la chiave. Ma poiché dopo di allora ho avuto occasione di rielaborare il materiale, che frattanto mi era diventato accessibile, nel mio scritto "L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato", Zurigo 1884, basterà rinviare a questo più recente lavoro.
Il secondo punto concerne la parte che tratta della scienza teorica della natura. Qui domina un'esposizione grandemente impacciata e parecchie cose potrebbero essere espresse con più chiarezza e precisione. Se non mi attribuisco il diritto di apportare delle correzioni a questa parte, appunto per questo sono in dovere invece di criticare qui me stesso.
Marx ed io siamo stati pressappoco i soli a salvare dalla filosofia idealistica tedesca la dialettica consapevole e a trasferirla nella concezione materialistica della natura e della storia. Ma per una concezione dialettica ed allo stesso tempo materialistica della natura è necessario conoscere la matematica e le scienze naturali. Marx aveva solide cognizioni di matematica, ma le scienze naturali le potevamo seguire solo parzialmente, saltuariamente, sporadicamente. Perciò, quando col mio ritiro dalla mia azienda commerciale ed il mio trasferimento a Londra [8], ne ebbi il tempo, nella misura in cui mi fu possibile mi sottoposi ad una compiuta "muda" matematica e scientifica, come la chiama Liebig [9], e vi consacrai la parte migliore di otto anni. Ero precisamente nel bel mezzo di questo processo di muda, quando mi si presentò l'occasione di occuparmi della cosiddetta filosofia della natura di Dühring. È quindi fin troppo naturale che più di una volta io non trovi l'esatta espressione tecnica e che mi muova in generale con una certa goffaggine nel campo della scienza teorica della natura. Ma d'altra parte la coscienza di non avere ancora vinta la mia incertezza in questo campo mi ha reso cauto. Non mi si potrà accusare di vere trasgressioni per quel che concerne i fatti allora noti né di una esposizione inesatta delle teorie allora accettate. A questo riguardo soltanto un grande matematico misconosciuto si è lamentato per lettera con Marx che io abbia criminosamente intaccato l'onore della [10].
Va da sé che in questa mia ricapitolazione della matematica e delle scienze naturali si trattava di convincere me stesso, anche nei particolari singoli - cosa della quale, su un piano generale, per me non c'era alcun dubbio - che nella natura sono operanti, nell'intrico degli innumerevoli cambiamenti, quelle stesse leggi dialettiche del movimento che anche nella storia dominano l'apparente accidentalità degli avvenimenti; quelle stesse leggi che, costituendo del pari il filo conduttore della storia dello sviluppo del pensiero umano, diventano gradualmente note agli uomini che pensano; leggi che per la prima volta furono sviluppate da Hegel in maniera comprensiva, ma in forma mistificata, e che è stato uno dei nostri intenti liberare da questa forma mistica e rendere chiaramente comprensibili in tutta la loro semplicità e universale validità. S'intende che la vecchia filosofia della natura - per quanto essa contenga qualcosa di realmente buono e dei germi fecondi [*1] - non poteva soddisfarci. Come sarà ulteriormente spiegato in questo libro, la sua deficienza, e specialmente nella forma che le fu data da Hegel, consisteva nel fatto che essa non riconosceva nessuno sviluppo della natura nel tempo nessuna "successione", ma solo una "giustapposizione". Questa deficienza deriva il suo fondamento da una parte dello stesso sistema hegeliano, che attribuiva uno sviluppo storico progressivo solamente allo "spirito", ma d'altra parte anche nelle condizioni complessive delle scienze della natura in quel periodo. Così Hegel in questo punto ricadde in posizioni notevolmente arretrate rispetto a Kant, che con la sua teoria della nebulosa aveva già proclamato la nascita del sistema solare e con la scoperta dell'ostacolo opposto dalla marea alla rotazione terrestre ne aveva già proclamata anche la morte [12]. E finalmente per me non poteva trattarsi di costruire le leggi dialettiche introducendole nella natura, ma di rintracciarle in essa e di svilupparle da essa.
Ma far questo in modo conseguente ed in ogni singolo campo è un lavoro gigantesco. Non solo il campo che deve dominarsi è quasi sconfinato, ma anche in tutto questo campo la stessa scienza della natura sta compiendo un processo di rivoluzionamento così imponente che a stento può seguirlo anche chi per questo fine dispone liberamente di tutto il suo tempo. Da quando è morto Karl Marx, invece, il mio tempo è sequestrato da doveri più urgenti e perciò ho dovuto interrompere il mio lavoro. Sono quindi costretto ad accontentarmi provvisoriamente dei cenni dati nel presente scritto ed aspettare se mai si troverà più tardi un'occasione di raccogliere e di pubblicare, probabilmente insieme con gli importantissimi manoscritti di matematica lasciati da Marx, i risultati raggiunti [13].
Ma il progresso della scienza teorica della natura renderà in gran parte, o completamente, superfluo il mio lavoro. Infatti la rivoluzione che nella scienza teorica della natura è imposta dalla semplice necessità di ordinare le scoperte puramente empiriche che si accumulano in tal massa, è di tal fatta da dover far comprendere sempre maggiormente, anche all'empirista più riluttante, il carattere dialettico dei fenomeni naturali. Le vecchie rigide contrapposizioni, le linee di demarcazione nette e invalicabili svaniscono sempre più. Da quando sono stati liquefatti anche gli ultimi gas "permanenti", da quando è stato dimostrato che un corpo può essere portato ad uno stato nel quale la forma fluida e la gassosa non sono distinguibili l'una dall'altra, gli stati di aggregazione hanno perduto l'ultimo residuo del carattere assoluto che avevano una volta [14]. Col principio della teoria cinetica dei gas - per cui, nei gas perfetti, il quadrato della velocità con cui si muovono le singole molecole gassose è, a temperatura costante, inversamente proporzionale al peso molecolare - anche il calore entra direttamente nella serie delle forme di movimento che come tali sono direttamente misurabili. Se ancora dieci anni fa la grande legge fondamentale del movimento appena scoperta era concepita come una semplice legge della conservazione dell'energia, come una semplice espressione dell'indistruttibilità e increabilità del movimento, e quindi semplicemente nel suo aspetto quantitativo, questa ristretta espressione negativa viene sostituita sempre più dall'espressione positiva della trasformazione dell'energia, in cui per la prima volta il contenuto qualitativo del processo prende il suo giusto posto e viene cancellato l'ultimo ricordo di un creatore fuori del mondo. Che la quantità del movimento (la cosiddetta energia) non subisca alcun cambiamento, allorché si trasforma da energia cinetica (la cosiddetta forza meccanica) in elettricità, calore, energia potenziale ecc. e inversamente, è cosa che ora non ha più bisogno di essere predicata come una novità; essa serve come base ormai acquisita dell'indagine, ora molto più ricca di significato, dello stesso processo di trasformazione, di quel grande processo fondamentale, nella cui conoscenza si riassume tutta la conoscenza della natura. E da quando la biologia viene coltivata alla luce della teoria dell'evoluzione, una dopo l'altra le rigide linee di demarcazione della classificazione si sono dissolte; i membri intermedi quasi inclassificabili aumentano di giorno in giorno; l'indagine più precisa spinge organismi da una classe all'altra e le caratteristiche distintive, diventate quasi articoli di fede, perdono la loro incondizionata validità; abbiamo ora mammiferi ovipari, e, se la notizia è confermata, uccelli che camminano a quattro zampe [15]. Se già alcuni anni fa Virchow, in seguito alla scoperta della cellula, fu costretto a dissolvere l'unità dell'individuo animale in una federazione di stati cellulari, in una maniera più da progressista [16] che da scienziato e da dialettico, il concetto dell'individualità animale (e quindi anche umana) diventa ancora molto più complicato con la scoperta dei globuli bianchi che circolano a guisa di amebe nel corpo degli animali superiori. Ma sono precisamente le opposizioni diametrali, rappresentate come irreconciliabili ed insolubili, le linee di demarcazione e le differenze tra le classi fissate a forza quelle che hanno dato alla moderna scienza teorica della natura il suo ristretto carattere metafisico. Il riconoscimento che queste opposizioni e queste differenze in verità sono presenti nella natura, ma con una validità solo relativa, e che invece quella rigidità e quell'assoluta rigidità con cui sono presentate viene introdotta nella natura solo dalla nostra riflessione; questo riconoscimento costituisce il punto centrale della concezione dialettica della natura. È possibile arrivare a questa concezione perché vi si è costretti dall'accumularsi dai fatti della scienza della natura, ma vi si arriva più facilmente se si raccosta al carattere dialettico di questi fatti la coscienza delle leggi del pensiero dialettico. In ogni caso, la scienza della natura è oggi così avanzata che non sfugge più alla sintesi dialettica. Ma essa renderà più agevole questo processo se non dimenticherà che i risultati, in cui sono sintetizzate le sue esperienze, sono concetti; ma che l'arte di operare con questi concetti non è innata e neppure è acquisita con la coscienza comune di tutti i giorni, ma richiede invece un pensiero reale, e questo pensiero ha una lunga storia sperimentale; né più né meno dell'indagine naturalistica sperimentale. Appunto imparando a far propri i risultati dello sviluppo della filosofia durante venticinque secoli, essa si libererà da un lato da ogni filosofia della natura che stia a parte e al di fuori e al di sopra di essa, ma anche, d'altro lato, dal suo proprio metodo limitato di pensare, ereditato dall'empirismo inglese.
Londra, 23 settembre 1885
La presente nuova edizione, tranne qualche modificazione stilistica di scarsissimo rilievo, è una ristampa della precedente. Solo in un capitolo, il decimo della seconda sezione "Dalla "storia critica"", mi sono permesso di aggiunte sostanziali, e ciò per i motivi che seguono.
Come fu già ricordato nella prefazione della seconda edizione, questo capitolo, in tutto ciò che è essenziale, è opera di Marx. Nella prima redazione, destinata ad un articolo di giornale, ero stato costretto ad abbreviare notevolmente il manoscritto di Marx, e in verità proprio in quelle parti in cui la critica alle asserzioni di Dühring passa maggiormente in seconda linea di fronte agli sviluppi autonomi riguardanti la storia dell'economia. Ma questi costituiscono proprio la parte del manoscritto che anche oggi conserva l'interesse maggiore e più duraturo. Ritengo pertanto che sia mio dovere pubblicare nel modo più completo e più letterale possibile quegli sviluppi con cui Marx assegna ad uomini come Petty, North, Locke, Hume, il posto che loro compete nella genesi dell'economia classica; ma ancor più la spiegazione del "Tableau économique" di Quesnay, questo sfingeo enigma che è rimasto insoluto per tutta l'economia moderna. Ho invece lasciato da parte, per quanto lo permetteva il contesto, ciò che si riferiva esclusivamente agli scritti di Dühring.
Del resto io posso essere pienamente soddisfatto della diffusione che, dal tempo dell'edizione precedente, hanno avuto le idee rappresentate in questo libro nella pubblica coscienza degli studiosi e della classe operaia e, invero, in tutti i paesi civili del mondo.
Londra, 23 maggio 1894
F. Engels
1. Il titolo "Anti-Dühring" sostituisce da molto tempo in tutte le edizioni quello originale che era: "Hans Eugen Dühring's Umwälzung der Wissenschaft" o, secondo la traduzione italiana più usata, "La scienza sovvertita dal signor Dühring". Era la parodia di "Carey's Umwälzung der Volkswirthschaftslehre und Socialwissenschaft" ("La rivoluzione della dottrina dell'economia politica e della scienza sociale, compiuta da Carey"), titolo di uno scritto di Dühring, pubblicato a Monaco nel 1865, che elogiava H. C. Carey, uno dei maestri di Dühring in materia di economia politica.
L'"Anti-Dühring" rappresenta un momento essenziale della battaglia ideologica e politica che si svolse negli anni settanta in seno al partito socialdemocratico e al movimento operaio tedesco.
Il libero docente berlinese Eugen Dühring attirò per la prima volta l'attenzione di Marx ed Engels quando, nel 1868, pubblicò sulla rivista "Ergänzungsblätter zur Kenntniss der Gegenwart", vol. III, fasc. 3, una recensione del primo libro del "Capitale". In una serie di lettere, in particolare del periodo gennaio-marzo 1868, essi giudicano già Dühring (e il giudizio sarà presto confermato) come il predicatore di un socialismo vago, piccolo-borghese e pseudoscientifico.
In seguito l'influsso di Dühring e dei suoi seguaci assunse dimensioni notevoli, e diventò pericoloso a metà degli anni settanta. Tra i discepoli di Dühring si rivelarono i più attivi Eduard Bernstein, Johann Most e Friedrich Wilhelm Fritzsche. Per breve tempo lo stesso August Bebel subì l'influsso di Dühring. Di Bebel, nel marzo 1874, apparvero sul "Volksstaat" due articoli anonimi su Dühring, intitolati "Ein neuer Kommunist" ("Un nuovo comunista") che indussero Marx ed Engels a protestare decisamente contro Wilhelm Liebknecht, direttore del giornale, contro la loro pubblicazione. Quando poi, nel 1875, uscirono la seconda edizione della "Kritische Geschichte del Nationalökonomie und des Socialismus" e il "Cursus der Philosophie..." di Dühring, i suoi sostenitori si fecero ancora più audaci. Specialmente nel primo di questi scritti Dühring attaccava duramente Marx e ne deformava le teorie, tanto che infine Liebknecht, in una lettera del 21 aprile 1875, mise sull'avviso Engels scrivendogli: "Devi deciderti a mettere apposto Dühring". Per insistere ancora una volta sull'urgenza di un intervento, il 1° novembre 1875 Liebknecht mandò un articolo rifiutato dalla redazione del "Volksstaat" in cui Abraham Enss lodava il "signor dr. E. Dühring di Berlino" come "il nostro più fervido, deciso e alacre pioniere nel campo della scienza". Quando Engels, il 16 maggio 1876, ricevette da Liebknecht un analogo elogio di Dühring scritto da Johann Most, egli aveva peraltro già assestato a Dühring il primo colpo, nell'articolo "Preussischer Schnaps im deutschen Reichstag" ("Acquavite prussiana nel Reichstag tedesco") pubblicato nei numeri 23, 24 e 25 (25 e 27 febbraio e 1° marzo) del "Volksstaat".
Alla fine del maggio 1876 Engels decise di interrompere il lavoro alla "Dialettica della natura" per prendere di petto la "teoria socialista" allora apparsa e il "rigeneratore del socialismo", e per difendere contro tutti gli attacchi il marxismo come concezione del partito proletario. Nella sua lettera a Marx del 24 maggio 1876 egli chiedeva "se non sia il momento di considerare seriamente la nostra posizione vis-à-vis di questo signore". Il giorno dopo Marx rispose "che "di fronte a questi signori" si può prendere "posizione" solo criticando Dühring senza alcun riguardo". Engels si mise subito a lavoro e già nella lettera a Marx del 28 maggio sviluppò il piano generale e il carattere del suo scritto.
Engels lavorò all'"Anti-Dühring" quasi due anni: dalla fine del 1876 all'inizio di luglio del 1878.
La prima sezione fu scritta per l'essenziale dal settembre 1876 al gennaio 1877 e fu pubblicata come serie di articoli, sotto il titolo "Herrn Eugen Dühring's Umwälzung der Philosophie", sul foglio principale del "Vorwärts": uscì in venti numeri del giornale, dal 3 gennaio al 13 maggio 1877. In questa prima sezione sono compresi anche i primi due capitoli che più tardi, a partire dalla prima edizione in volume, furono presentati come introduzione generale, autonoma, di tutte e tre le sezioni.
La seconda sezione fu scritta dal giugno all'agosto 1877. Il capitolo X, "Della "storia critica"", è opera di Marx: egli mandò ad Engels la prima parte già il 5 marzo '77 e la seconda, con l'analisi del "tableau économique" di Quesnay, l'8 agosto. Questa sezione, dal titolo "Herrn Eugen Dühring's Umwälzung der Politischen ökonomie", fu pubblicata dal 27 luglio al 30 settembre in parte sul supplemento scientifico, in parte sul supplemento del "Vorwärts" (divisa in nove numeri del giornale).
Per la stesura della terza sezione si può indicare con una certa sicurezza il periodo tra l'inizio di agosto 1877 e fine marzo/inizio aprile 1878. Il 30 aprile 1878 Engels scrisse a Bracke: "Col signor Dühring -a parte la revisione dell'ultimo articolo- ho felicemente concluso, e per nulla al mondo voglio più sapere della sua pregiata compagnia...".
La terza sezione fu pubblicata sul supplemento del "Vorwärts", sotto il titolo "Herrn Eugen Dühring's Umwälzung des Sozialismus", dal 5 maggio al 7 luglio 1878 (in cinque numeri).
Subito dopo la pubblicazione del primo articolo, nel gennaio 1877, gli animi si divisero. Alle testimonianze di vivo entusiasmo si opposero gli sfoghi rabbiosi dei seguaci di Dühring; la decisione si ebbe al Congresso di Gotha del partito (27-30 maggio 1877). La mozione di Most, secondo cui "articoli come per esempio le critiche contro Dühring pubblicate negli ultimi mesi da Engels (...) in futuro devono restare esclusi dall'organo centrale", fu respinta dopo che Bebel ebbe dapprima presentato la proposta di "sospendere la pubblicazione degli articoli di Engels contro Dühring nel foglio principale e pubblicarli come opuscolo", e Liebknecht presentò la proposta aggiuntiva di pubblicarli nel supplemento scientifico del "Vorwärts". Così modificata, la proposta di Bebel fu approvata e l'attacco di Most fu sventato.
Nel luglio del '77 la prima sezione del lavoro di Engels fu pubblicata separatamente a Lipsia sotto il titolo "Hans Eugen Dühring's Umwälzung der Wissenschaft. I. Philosophie"; nel luglio 1878 seguirono la seconda e la terza sezione sotto il titolo "Hans Eugen Dühring's Umwälzung der Wissenschaft. II. Politische Oekonomie. Sozialismus". Contemporaneamente, a metà luglio '78, apparve a Lipsia, con prefazione di Engels, la prima edizione dell'intera opera ("Hans Eugen Dühring's Umwälzung der Wissenschaft. Philosophie. Politische Oekonomie. Sozialismus". Nelle edizioni successive fu tralasciato il sottotitolo "Philosophie. Politische Oekonomie. Sozialismus". la seconda edizione fu pubblicata nel 1886 a Hottingen-Zurigo; la terza, riveduta e ampliata, nel 1894 a Stoccarda. Questa fu l'ultima edizione in vita di Engels.
Dopo l'emanazione della legge contro i socialisti l'"Anti-Dühring" fu proibito, come altre opere di Engels.
Nel 1880, per richiesta di Paul Lafargue, Engels rielaborò tre capitoli dell'opera (il capitolo I dell'introduzione ed i capitoli I e II della terza sezione) e li pubblicò a Parigi come opuscolo a sé, sotto il titolo "Socialisme utopique et socialisme scientifique", nella traduzione di Lafargue. Un'edizione tedesca in tre ristampe, intitolata "Die Entwicklung des Sozialismus von der Utopie zur Wissenschaft", fu pubblicata nel 1883 a Hottingen-Zurigo. In vita di Engels, l'ultima (quarta) edizione tedesca di questo opuscolo apparve a Berlino nel 1891. Engels vide anche l'opuscolo tradotto in italiano, inglese, russo, spagnolo, polacco danese e olandese.
Nel preparare l'opuscolo (più volte tradotto in italiano col titolo "Socialismo utopistico e socialismo scientifico" o con quello, ora generalmente adottato, "L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza") per la prima e la quarta edizione tedesca Engels modificò o ampliò in alcuni punti il testo dei capitoli corrispondenti dell'"Anti-Dühring". Alcune delle aggiunte (quelle del capitolo II della terza sezione) furono da lui introdotte anche nella seconda edizione dell'"Anti-Dühring", come è detto nella prefazione del 1885. Nella presente edizione tutte queste modifiche e aggiunte sono riportate sotto forma di nota.
2. Der Volksstaat (Lo Stato Popolare), organo della Sozialdemokratische Arbeiterpartei (Partito Socialdemocratico dei Lavoratori), uscì a Lipsia dal 2 ottobre del 1869 al 29 settembre 1876. A causa del suo coraggioso atteggiamento rivoluzionario il giornale fu esposto continuamente alle persecuzioni della polizia e del governo. La composizione del corpo redazionale mutò spesso in seguito all'arresto di taluni redattori, mentre la direzione restò sempre nelle mani di Wilhelm Liebknecht; grande influenza sull'impostazione del foglio ebbe August Bebel.
Marx ed Engels furono collaboratori del giornale fin dalla sua fondazione. Furono attivamente a fianco della redazione e con la loro critica contribuirono a far sì che il giornale si mantenesse costantemente fedele alla sua linea rivoluzionaria.
Per decisione del Congresso di Gotha del partito, dal 1° ottobre 1876 il "Volksstaat" e il "Neuer Social-Demokrat" (organo dei lassalliani) furono sostituiti dal "Vorwärts", quale "organo centrale della socialdemocrazia tedesca". Con la promulgazione della legge contro i socialisti, il 27 ottobre 1878 il "Vorwärts" cessò le pubblicazioni.
3. Il 10 maggio 1876, nel centenario della dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti (4 luglio 1776), si aprì a Filadelfia la sesta Esposizione mondiale dell'industria. Il direttore dell'Accademia dell'industria di Berlino, Franz Reuleaux, nominato presidente della commissione tedesca, nella prima delle "Lettere da Filadelfia" (2 giugno 1876) da lui indirizzate alla "Nationalzeitung" si vide costretto a constatare: "Nella parte di gran lunga maggiore degli oggetti esposti la nostra produzione è inferiore a quella di altre nazioni (...) in sostanza tutti i biasimi si riducono a questo giudizio: "a buon mercato ma cattivo" è il principio fondamentale dell'industria tedesca". Ciò provocò un ampio dibattito sulla stampa; il "Volksstaat", in particolare, tra il luglio e il settembre pubblicò in proposito una serie di articoli.
4. Questa frase, passata in proverbio, deriva da una lettera (1796) del contrammiraglio francese Chevalier de Panat, che scriveva "Personne n'a su ni rien oublier, ni rien apprendre" (Nessuno ha saputo dimenticare niente, né imparare niente). Talvolta queste parole sono attribuite anche a Talleyrand. Esse si riferivano ai realisti francesi che si erano rivelati incapaci di trarre qualsiasi lezione dalla rivoluzione del 1789-1793.
5. Riferimento al discorso tenuto da Rudolf Virchow a Monaco, il 22 settembre 1877, alla 50a Assemblea degli scienziati e dei medici tedeschi. (cfr. R. Virchow "Die Freiheit der Wissenschaft im modernen Staat...", pag. 13).
6. La "legge contro i socialisti" fu fatta approvare al Reichstag da Bismarck il 19 ottobre 1878 ed entrò in vigore il 21 ottobre. Essa mise "fuori legge la socialdemocrazia. I giornali degli operai, più di cinquanta, furono soppressi, le loro associazioni vietate, i loro circoli chiusi, i loro denari confiscati, le loro assemblee sciolte dalla polizia, e a coronamento di tutto ciò fu disposto che si potesse imporre lo "stato d'assedio" su intere città e provincie" (Engels). Vi furono arresti ed espulsioni di massa. Tuttavia il partito socialdemocratico continuò a lavorare nell'illegalità. Con l'aiuto di Marx e di Engels, esso riuscì a vincere le tendenze opportunistiche e "ultrasinistre", a collegare il lavoro illegale con le possibilità legali e ad estendere il suo influsso sulle masse. Infine il 1° ottobre 1890 la pressione crescente della classe operaia costrinse il governo a revocare questa legge eccezionale.
7. Eugen Dühring (dal 1863 libero docente all'Università di Berlino e dal 1877 docente in un liceo femminile privato) a partire dal 1872 rivolse nei suoi scritti duri attacchi contro alcuni professori universitari. Già nella prima edizione della sua "Kritische Geschichte der allgemeinen Principien der Mechanik" ("Storia critica dei principi generali della meccanica"), 1873, per esempio, egli affermò che Hermann von Helmholtz nella sua trattazione "über die Erhatung der Kraft...", del 1847, aveva ignorato di proposito la legge della conservazione della forza scoperta da Robert Mayer nel 1842. Dühring mosse anche dure critiche all'ordinamento universitario. Perciò i professori reazionari lo perseguitarono e sollecitarono il suo allontanamento dal liceo femminile. Nella seconda edizione del libro sopra citato (1877) e nel breve scritto "Der Weg der höheren Berufsbidung der Frauen und die Lehrweise der Univeritäten" ("Il corso dell'istruzione professionale superiore delle donne e il metodo d'insegnamento dell'università") (1877) Dühring ripeté in forma anche più aspra le sue accuse al sistema universitario. Quindi, per istigazione dei suoi colleghi della facoltà filosofica, nel luglio 1877 gli fu tolto diritto d'insegnare all'università. Ciò provocò una rumorosa campagna di protesta da parte dei suoi seguaci, ma anche larghi ambienti democratici condannarono questo atto d'arbitrio.
8. Il 1° luglio 1869 Engels si ritirò dagli affari, congedandosi dalla ditta Ermen & Engels di Manchester, e il 20 settembre 1870 si trasferì a Londra.
9. Alla muda, il cambiamento annuale delle penne degli uccelli, si riferisce in questo senso Justus von Liebig, parlando dell'evolversi delle sue opinioni scientifiche: " (...) la chimica fa progressi estremamente rapidi, e i chimici che vogliono tenersi al passo sono in una costante condizione di muta (deplumatia, la mue). Colui al quale spuntano nuove penne, perde dalle ali quelle vecchie, che non lo vogliono più sostenere, e quindi vola tanto meglio". ("Die Chemie in ihrer Anwendung auf Agricultur und Physiologie", pag. 26).
10. Engels parla della nel XII capitolo della prima sezione dell'"Anti-Dühring". In proposito, una lettera di dissenso era stata scritta a Marx, in data 6 novembre 1880 dal socialdemocratico H. W. Faian, residente in America.
*1. È molto più facile, insieme con il volgo privo di idee à la Karl Vogt, dare addosso alla vecchia filosofia della natura piuttosto che apprezzarne il significato storico. Essa contiene una gran quantità di assurdi e di fantasticherie, ma non più di quanto ne contengano le coeve teorie non filosofiche degli scienziati empirici, e da quando si è diffusa la teoria dell'evoluzione, si è cominciato a riconoscere che essa contiene anche molto senso e molto intelletto. Così Haeckel, a giusta ragione, ha riconosciuto i meriti di Treviranus e di Oken [11]. Oken nella sua mucillagine primitiva e nella sua vescicola primitiva pone come postulati della biologia quelle stesse cose che dopo di allora sono state effettivamente scoperte come protoplasma e cellula. Per quanto concerne in modo speciale Hegel, egli per molti rispetti è di gran lunga superiore agli empiristi suoi contemporanei che credevano di avere spiegato tutti i fenomeni inesplicati quando sostituivano ad essi una forza, forza di gravitazione, forza di galleggiamento, forza di contatto elettrico, ecc., o, nel caso che questo non andasse, una sostanza ignota: sostanza luminosa, sostanza calorica, sostanza elettrica, ecc. Le sostanze immaginarie sono ora pressappoco eliminate, ma la fandonia delle forze che era stata combattuta da Hegel continua allegramente a fare la sua apparizione, per es. non più in là del 1869 nel discorso di Helmholtz a Innsbruck (Helmholtz, "Conferenze popolari", fasc. II, 1871, pag. 190). Di fronte alla deificazione di Newton, ereditata dai francesi del XVIII secolo, di quel Newton che l'Inghilterra colmò di onori e di ricchezze, Hegel mise in rilievo come Keplero, che la Germania lasciò morire di fame, fosse il vero fondatore della moderna meccanica dei corpi celesti e come la legge di gravitazione newtoniana fosse già contenuta in tutte e tre le leggi di Keplero, e nella terza perfino esplicitamente. Ciò che Hegel dimostra nella sua "Filosofia della natura", par. 270 e aggiunte ("Hegels Werke", 1842, vol. VII, pp. 98 e 113-115) con alcune semplici equazioni, si ritrova come risultato della più recente meccanica razionale di Gustav Kirchhoff, "Lezioni di fisica matematica", II edizione, Lipsia, pag. 10, ed essenzialmente nella stessa semplice forma matematica che era stata per la prima volta sviluppata da Hegel. I filosofi della natura stanno alla scienza della natura coscientemente dialettica nello stesso rapporto in cui stanno gli utopisti al comunismo moderno.
11. Cfr. la quarta lezione di Ernst Haeckel ("Teoria dell'evoluzione secondo Goethe e Oken") nel suo libro "Natürliche Schöpfungsgeschichte...", pagg. 83-88.
12. La teoria della nebulosa, secondo la quale "tutti gli attuali corpi celesti sono nati da masse nebulose rotanti" (Engels) fu esposta da Kant nello scritto, apparso anonimo nel 1875 a Köningsberg e Lipsia, "Allgemeine Naturgeschicthe und Theorie des Himmels". Sulla teoria kantiana della resistenza opposta dalle maree alla rotazione terrestre vedi il capitolo "L'attrito delle maree. Kant e Thomson-Tair" (cfr. K. Marx-F. Engels, Opere, vol. XXV, Roma, Editori riuniti, 1974, pp.395-400).
13. Qui Engels parla della sua "Dialettica della natura" e dei lavori matematici condotti da Marx dalla fine degli anni '50 agli inizi degli anni '80. I manoscritti matematici di Marx comprendono oltre 1.000 fogli.
14. Riferimento ai lavori del fisico inglese Thomas Andrews (nel 1869 studiò lo stato critico dei gas), del fisico francese Luois-Paul Cailletet (nel 1877 dimostrò la condensabilità dell'ossigeno) e del fisico svizzero Raoul Pictet (lavorò contemporaneamente a Cailletet alla liquidazione di gas).
15. Nel primo caso si tratta dell'ornitorinco, nel secondo probabilmente dell'archaeopterix (animale preistorico, forse forma intermedia tra uccello e rettile).
16. Engels allude alla prima edizione (1858) dell'opera di R. Virchow ("Die Cellulaphatologie..."), e con la parola progressista fa riferimento al Partito progressista tedesco, del quale Virchow era stato uno dei fondatori. Creato il 9 giugno 1861, questo partito propugnava in particolare l'unificazione della Germania sotto la direzione prussiana e il principio delle autonomie locali.
Introduzione: I. Considerazioni generali
Ultima modifica 16.10.2002