Versione di Leonardo Maria Battisti, aprile 2014
Trascritto per il MIA da Leonardo Maria Battisti, marzo 2018
[1] Nell'anno [186 a.C.], la repressione d'una congiura interna2 deviò i consoli Spurio Postumio Albino & Quinto Marcio Filippo dal comando di eserciti e guerre e province.
[2] I pretori sorteggiarono le competenze: ebbe T. Menio la pretura urbana; M. Licinio Lucullo la pretura peregrina; C. Aurelio Scauro la Sardegna; P. Cornelio Silla la Sicilia; L. Quinzio Crispino la Spagna Citeriore; C. Calpurnio Pisone la Spagna Ulteriore.
[3] Ad ambi i consoli fu assegnata per senatoconsulto l'inchiesta sulle società segrete3. Un ignoto Greco venne in Etruria4, non recando una delle molte arti che quel popolo più erudito di tutti ci dette per ingentilire gli animi e i corpi, bensì sacrifici e vaticini5.
[4] Non uno che empisse le menti di errore religioso con pubblici riti, professando pubblicamente l'arte sua per guadagno6, bensì un officiante di riti occulti e notturni7.
[5] Erano misteri a cui pochi furono iniziati, all'inizio; ma poi cominciarono a divulgarsi, senza discriminare uomini e donne8! Al rito si aggiunsero i piaceri del vino e dei cibi, per adescare di più.
[6] Perso il discrimine d'ogni pudore (pei fumi del vino, la notte buia, il mescolarsi di maschi e femmine, fanciulli e adulti) iniziarono atti di depravazione d'ogni sorta9; trovando tosto ognuno dei piaceri a cui il suo istinto era incline.
[7] Reati d'associazione a delinquer di stampo tiasoso [NOXES]10, nonché stupri promiscui di uomini liberi e di donne, sono false testimonianze11, falsi contratti, falsi testamenti.
[8] Per non dir venefici e delitti omertosi che neppur lasciavano corpi da seppellire12. Molto si faceva coll'inganno, ma di più colla violenza. Ad occultar la violenza c'erano ululi e strepiti di timpani e cembali, che coprivano i gridi di aiuto fra stupri e stragi.
[1] Tale male giunse a Roma dall'Etruria come per contagio. Prima celato dalla vastità dell'urbe (atta a soffrir simili mali)13.
[2] Poi giunse una denuncia al console Postumio, all'incirca così: P. Ebuzio, orfano di padre (che militò con pubblico cavallo14) e poi dei tutori15, infine crebbe sotto la tutela della madre Duronia e del patrigno T. Sempronio Rutilo.
[3] La madre era sottomessa al marito, ed il patrigno (che gestì la tutela in modo ingiustificabile16), bramava di disfarsi del pupillo, o di disporne con qualche ricatto17. L'unica via di spezzarlo erano i Baccanali.
[4] Per farlo la madre chiamò il giovane per dirgli che, quando fu malato, fece voto d'iniziarlo ai Baccanali se fosse guarito18. Ora, obbligata19 dalla grazia divina, doveva assolverlo. Si richiedevano 10 giorni di castità20. Nel decimo (cenato e lavato con acqua pura) lo avrebbe introdotto nel sacrario21.
[5] Una nota meretrice, la liberta Ispala Fecenia, si manteneva ancora con quel mestiere (benché indegno della sua manomissione) perché abituatasi da schiava.
[6] Costei ebbe una relazione con Ebuzio di sola confidenza22 (senza danneggiargli il nome o le finanze), perché spontanea lo amava e le piaceva. Anzi lo manteneva, poiché maltenuto poco dai suoi genitori.
[7] Innamorata persa, mortole il patrono che la liberò, non essendo in mano23 ad alcuno, chiese un tutore legale24 ai tribuni e al pretore per nominare unico erede Ebuzio.
[1] Simili pegni di amore bandivano i segreti fra l'uno e l'altro. Il giovane celiante le disse di non stupirsi se per qualche notte avesse dormito.
[2] Voleva iniziarsi ai Baccanali per motivi religiosi (scioglier il voto per grazia ricevuta). Sconvolta dall'udire ciò25, la donna disse: «Non piaccia agli déi. Meglio per me e per te sarebbe morire, che far cotal cosa. Minacce e pericoli vengano a chi ti ha consigliato».
[3] Stupito dalle parole e dalla disperazione, Ebuzio la pregò di non bestemmiare. «Vuol sì mia madre, d'accordo col mio patrigno».
[4] Diss'ea: «Ah! Il tuo patrigno (se non posso forse accusar tua madre) s'affretta così di comprometterti onore, nome, avvenire e vita!».
[5] Sempre più stupito, Ebuzio chiedeva che significasse. Chieste venia e pace a dèi e dee, poiché costretta a violar i misteri dall'amore di lui, Ispala narrò di quando, schiava, accompagnò la padron26a nel sacrario.
[6] Da libera mai ci riaccostò27. Sapeva che fucina di laidezze fosse. Ed era certa che: da due anni già nessuno che fosse maggiore di vent'anni vi era iniziato.
[7] Come uno v'era introdotto, era consegnato come vittima ai sacerdoti. Essi lo conducevano in luogo risonante di urla, cembali e timpani, onde non si udissero le grida di aiuto di chi era stuprato28.
[8] Indi lo pregava e scongiurava, di sottrarsi a ciò comunque sia, né di gettarsi u’ lo aspettavano infamie d'ogni genere, prima da soffrir e poi da commetter.
[9] Né lo lasciò andar, senza la sua parola di astenersi da quei riti.
[1] Tornato a casa, parlando la madre dei rituali di quel giorno e degli altri dieci dipoi, Ebuzio protestò che nulla di tutto ciò avrebbe fatto, e che non era disposto a farsi iniziar.
[2] Pur il patrigno era presente. Prese la donna a gridar che Ebuzio né sapeva star dieci notte senza Ispala (adescato dalle malie e imbevuto dai filtri di quel serpente29), né rispettar il patrigno, la madre, gli dèi. Rampognandolo, la madre e il patrigno lo cacciarono di casa con quattro servi30.
[3] Indi Ebuzio si recò da Ebuzia (sua zia paterna) e dissele ché la madre lo avesse scacciato. Su suo consiglio, il giorno dopo denunciò il fatto al console Postumio in udienza privata31.
[4] Il console lo congedò con l'ordine di tornar entro tre giorni. Intanto chiese a sua suocera Sulpicia (donna rispettabile) se conoscesse la vecchia Ebuzia dell'Aventino32.
[5] Rispostogli di conoscerla come donna brava e all'antica, il console disse d'aver bisogno d'incontrarla e che fosse lei ad invitarla.
[6] Ebuzia, chiamata, andò da Sulpicia, e il console (fingendo di capitar lì per caso) portò il discorso su Ebuzio (figlio di suo fratello).
[7] Ebuzia iniziò a pianger e commiserar la sorte del giovane (spogliato dei suoi beni da chi meno doveva), che stava ora presso di lei, scacciato dalla madre perché il giovine onesto non voleva (perdonino gli déi33) iniziarsi a dei misteri (dicono) osceni.
[1] Il console (certo d'aver sondato che Ebuzio non fosse inaffidabile) congedò Ebuzia per pregar Sulpicia di chiamar Ispala (liberta abitante dell'Aventino pure lei, e nota al vicinato): c'erano cose da chieder pure a lei.
[2] Ispala, turbata dalla convocazione immotivata d'una matrona sì nobile e autorevole [gravis], e visti i littori e il seguito del console34nel vestibolo, poi il console, quasi svenne.
[3] Il console la fece portar nelle stanze più interne con la suocera (che poteva indurla a dir la verità), e le disse di non temer.
[4] Ma doveva fidarsi o di una donna come Sulpicia o di lui stesso, e dichiarar quanto soleva farsi nel bosco di Stimula35, nei sacri riti Baccanali notturni.
[5] Udito ciò, la donna fu presa da tanto spavento e tremor di tutte le membra, da non saper aprir bocca.
[6] Alla fine, rinfrancata, disse che fu stata iniziata da bambina, ancora schiava, insieme colla padrona. Ma da anni (poiché manomessa) non sapeva ciò che vi si facesse.
[7] Il console intanto la lodava di confessare d'essere stata iniziata; ma dicesse il resto colla stessa sincerità.
[8] Ea negò di saper altro. E il console aggiunse che lei né avrebbe ottenuto perdono né grazia se, invece di confessar da sola, fosse stata smentita dalla persona che lo aveva informato di quanto saputo da lei36.
[1] Ispala, credendo Ebuzio il delatore dei misteri (infatti), cadde ai piedi di Sulpicia, iniziando a pregarla.
[2] Non permettesse che: un discorso di una liberta all'amante (fatto solo per atterrirlo, senza saperne checché) si trasformasse in un affare non solo serio, bensì capitale.
[3] Postumio, irato, disse: «Certo, credi forse di scherzar ancora coll'amante Ebuzio; non di parlar col console in casa d'autorevole matrona». Ma Sulpicia la incoraggiò (confortando lei e calmando lui).
[4] Infine Ispala (rinfrancarsi), ebbe tempo di accusare assai la perfidia di Ebuzio, che ricompensava così la sua grazia ricevuta.
[5] Ispala confessò di temere gli déi se ne rivelava i misteri, ma ancora più gli uomini che l'avrebbero fatta a pezzi colle loro mani37.
[6] Perciò pregava Sulpicia e il console di relegarla ovunque fuori d'Italia, ove potesse viver sicura la vita restantele.
[7] Il console le disse di star calma, ché si sarebbe curato onde ea potesse abitar a Roma in sicurezza. Allora Ispala palesò l'origine di quei riti38.
[8] «All'inizio fu un sacerdozio muliere, escluso agli uomini. C'erano tre riunioni annue, in cui i misteri iniziavano di giorno39. Delle matrone fungevano a turno da sacerdotesse40.
[9] Una sacerdotessa campana, Paculla Annia41, riformò ogni cosa, adducendo un'ispirazione divina: iniziò per prima dei maschi (i suoi figli Minio ed Erennio Cerrinio42); mutò il rito da diurno a notturno; portò i giorni per le iniziazioni a cinque al mese (da tre all'anno).
[10] Rendendo i riti promiscui (mescolando uomini e donne) e col favore notturno, non vi fu misfatto o delitto che si omettesse. C'erano più violenze fra uomini che sulle donne.
[11] Se uno era restio a perder il pudore o a far un delitto, era vittima sacrificale. “Stimare illecito nulla” [Nihil nefas ducere] è il loro dogma più sacro.
[12] I maschi vaticinavano come invasati contorcendosi tutti. Le matrone, vestite da Tiadi (coi capelli sciolti), correvano al Tevere con torce accese e, immersele nell'acqua, le ritraevano ancora ardenti43 (perché impregnate di zolfo vivo e di calce).
[13] Si designavano‘rapite dagli déi’ le persone che ricusarono di congiurar, o associarsi ai delitti, o venir stuprate, legate a una macchina e calate in caverne nascoste44.
[14] Il gran numero d'iniziati faceva ormai da ANTISTATO [alterus populus]45. Fra cui, taluni cittadini e donne nobili. Da due anni c'era l'istituto di non iniziar niun sopra i vent'anni (l'età più ingannevole e docile)».
[1] Finita la denuncia, richiese in ginocchio al console d'inviarla al confino.
[2] Il console pregò la suocera di vuotar una parte di casa sua, ove trasferir Ispala. Le fu assegnata la soffitta (chiuso l'accesso scale sulla via, aperto quello sulle stanze interne46).
[3] Le cose di Fecenia vi furon subito trasportate (inclusi i possessi umani). Ebuzio fu condotto presso un cliente del console. Postumio (avendo in suo poter i due pentiti) riferì in senato una relazione ordinata sulle denunce e le scoperte delle sue indagini.
[4] IL PANICO PRESE I PATRIZI, sia per l'interesse pubblico (se quelle congiure o conventicole notturne diffondessero contratti truccati [fraudes occultae] o lotta armata [periculum]47), sia per l'interesse privato (se qualcuno-delle-loro-famiglie fosse colluso).
[5] Il senato deliberò48 di ringraziar il console per la discrezione avuta nell'indagine, evitando scalpori.
[6] Si commise ai consoli un'inchiesta straordinaria49 sui Baccanali e riti notturni in genere; purché non ritorni a danno dei denunciatori Ebuzio e Fecenia, e si disposero premi per allettar altri pentiti.
[7] L'ordine è arrestar (non solo a Roma, ma perfino in tutti fori e nei conciliaboli50) i sacerdoti di quei riti (maschi o femmine) per sottoporli ai consoli.
[8] Inoltre a Roma (e in tutta Italia con editti simili) si decretò di: vietar a tutti l'iniziazione o la partecipazione a culti bacchici, o atto alcuno [giuramenti!] di quei riti51; e soprattutto perseguire chi abbia congiurato o si sia radunato per commettere stupri o altri misfatti52.
[9] Fin qui il senato. I consoli comandarono53 gli edili curuli di ricercar tutti i sacerdoti di quel culto, e tenerli in ‘custodia libera’54, a disposizione degli esami; e gli edili della plebe di vigilar che non si tenessero riti al chiuso55.
[10] Ordinarono ai triumviri capitali56 di disporre guardie in tutta la città (temendo adunanze notturne), e di dotarsi di quinqueviri (sulle due sponde del Tevere), per presidiar ognuno gli edifici del suo quartiere (temendo incendi dolosi57).
[1] Inviati i magistrati incombenzati, convocata la concione58, i consoli salirono sui rostri59. Postumio, emessa la formula di preghiera (solita farsi dai magistrati prima di parlare al popolo60), iniziò così:
[2] «Quiriti! Per nima concione fu mai più indicata (anzi più d'uopo) tale invocazione degli déi, per ricordarvi che: gli déi aviti sono i soli che ci è dato onorar, venerar e pregare.
[3] Non quelli che spingono le menti ad ogni sorta di delitto o libidine (accecate con religioni prave e straniere come da morbo furiale).
[4] Io stesso non so che deva tacer, né fin dove deva ostentare. Se vi lascerò ignorar alcunché, potrei causar negligenza. Se ostento tutto, potrei sparger il terrore fra voi.
[5] Checchè dirovvi, sappiate che sarà poco rispetto all'atrocità e vastità dei fatti. Noi consoli vogliamo solo mettervi in guardia.
[6] Che i Baccanali siano da tempo in tutta Italia, ed ora pur in molte parti di Roma, certo, ve lo dice già la fama, ma pur i concerti e le grida notturni, che risuonano per tutta l'urbe. Cosa facciano, non lo sapete.
[7] Taluni credono sia un qualche culto reso agli dèi; talaltri leciti festini lascivi, e comunque riguardanti pochi.
[8] Dire solo quanti siano (migliaia), basterebbe a spaventarvi, senza aggiunger quali siano.
[9] Anzitutto sono gran parte donne. Ecco già una fonte di male. Gli altri sono femminei maschi, stuprati e stupratori, fanatici, sconvolti dalla veglia, dal vino, dalle grida, dai concerti notturni.
[10] La congiura non è ancora forte, ma ha grandi possibilità di sviluppo, perché ogni giorno cresce di numero.
[11] La costituzione romana ci nega la libertà di riunione, spontanea o organizzata. Riunioni legittime sono i comizi centuriati (indetti dall'esercito issando una vessillo rosso sul Gianicolo61), i concili della plebe (indetti da un tribuno), o i comizi tributa (indetti da un magistrato). È illegale qualsiasi assembramento senza un presidente investito dello ius agendi.
[12] Ebbene, dite legali promiscue riunioni notturne?
[13] Per non parlare dell'iniziazione di minorenni: non pietosa, ma vergognosa. Pensate, oh Quiriti, che un simile giuramento di tali giovani iniziati sia compatibile col giuramento militare62? O d'armar cotali usciti da quell'osceno sacrario?
[14] Quelli, disonorati fra stupri commessi o subiti, combatteranno per l'onore delle vostre mogli e dei vostri figli?
[1] È il male minore che siano smidollati dalle loro dissolutezze (onde il disonore sia solo loro). Ma hanno messo mano a violenze, e mente a frodi.
[2] Mai è esistito un ANTISTATO [tantum malum in re publica], contro persone ed oggetti. Sappiate che da quel sacrario sono usciti tutti i disordini, tutti i delitti, tette le frodi di questi anni.
[3] Nè hanno palesato ancora i fini dell'associazione. L'empia congiura ora si limita a racket [privatis noxis], perché non ha forze per sconfigger lo Stato. Tale peste cresce e si infila ogni giorno di più: va oltre i beni dei privati, preda già la sovranità dello Stato.
[4] Quiriti! Se non vi premunite ora, dopo questa legittima concione diurna convocata dal console, seguirà un'abusiva concione notturna [contro le Leggi delle XII tavole!]. Ora sono divisi e temono il vostro gruppo. Stanotte, divisi voi (residenti urbani e rurali), saranno loro a riunirsi, mettendo all'ordine-della-notte la loro sicurezza e la vostra rovina. Allora sarà il loro gruppo a spaventar a voi singoli.
[5] E dovrete augurarvi che tutti i vostri siano rimasti sani di mente: se cecità e follia ne hanno spinto uno nell'abisso, non sia più stimato uno della famiglia, bensì uno degli affiliati aventi giurato per ogni sorta di misfatti e delitti.
[6] Sono certo che qualcuno di VOI possa ancora sbagliarsi. Nulla è decettivo come una prava religione.
[7] Quando si sacralizzano i delitti, c'è paura63 che: reprimere umane frodi violi una norma divina interlacciatasi. Dalla paura vi liberano i decreti pontifici, i senatoconsulti, i responsi aruspicali.
[8] Quante volte (nel tempo dai nostri padri ai nostri avi) si è dato incarico ai magistrati di vietar culti stranieri64, di scacciar dal foro, dal circo, anzi da Roma, sacerdoti e maghi, di incettare e bruciare libri di profezie65, di abolir ogni modo di sacrificar diverso dall'uso Romano?
[9] Conoscitori di ogni diritto umano e divino, gli avi credevano massimo danno per la religione sacrificare con riti stranieri anziché nazionali.
[10] Con ciò assicuro che la superstizione non turbi i vostri animi nel vederci demolir i Baccanali66 e disperder conventicole infami.
[11] Tutto avverrà invece col favore degli déi, che (offesi che la loro maestà sia lesa da delitti sfrenati) trassero questi riti alla luce dalla notte, onde siano puniti e vietati.
[12] Il senato ha commissionato un'inchiesta straordinaria a me e al mio collega. Noi svolgeremo il nostro compito. Abbiamo affidato ai magistrati minori il comando delle guardie notturne della città.
[13] Ma è equo che pure voi67 (onde non scoppino tumulti o incombono pericoli dall'associazione a delinquere [fraude noxiorum]) assolviate con zelo i doveri e i comandi che passeranno dal luogo e dall'incarico che ricoprite».
[1] I consoli fecero poi legger i senatoconsulti. Bandirono premi per chi portasse ai consoli un reo, o lo denunciasse68 anche assente.
[2] Il denunciato assente avrebbe avuto un tempo per comparir prima della condanna in contumacia. Un denunciato fuori dal suolo italico avrebbe potuto chieder una dilazione se volesse difendersi69.
[3] Con un altro decreto, c'era divieto di vendita o acquisto per il rischio di espatrio, e divieto di asilo70 o di soccorso per i fuggitivi. Sciolta la concione, fu grande il terrore in tutta l'urbe, tosto esportato in tutta Italia dalle lettere private degli italici immigrati sul suolo romano71 (narranti il senatoconsulto, la concione del popolo, l'editto dei consoli).
[4] Nella notte che seguì la concione rivelante il pericolo, le guardie dei triumviri fermarono chiunque cercasse d'uscir dalle porte. Molti dei fermati finirono denunciati: fra questi uomini e queste donne, alcuni si uccisero. Si diceva che i congiurati d'ambi i sessi fossero più di 700072. Si sapeva poi, che i capi-tiaso erano M. e C. Atinio (plebei romani), e L. Opicernio (Falisco) e Minio Cerrino (Campano [figlio di Paculla Annia]).
[5] Costoro erano i mandanti di tutti i delitti e gli orrori; officianti e riformatori del culto. Si emisero al più presto mandati di arresto per loro. Condotti ai consoli, ammisero solo l'affiliazione, ma non tardarono a far i pentiti.
[1] Eppur, ci fu un tal esodo da Roma, che molti non si costituirono convenuti (tutelati) nelle cause civili. Perciò i pretori T. Menio e M. Licinio [urbano e peregrino] furono autorizzati dal senato a sospender per 30 giorni azioni e cause civili73. Finché i consoli terminassero l'azione penale.
[2] Ma l'esodo costrinse pure i consoli (perché a Roma gli indagati né comparivano né si trovavano) ad andare in giro per i fori e lì istruire processi inquisitori.
[3] Se uno era stato solo iniziato (facendo voto-di-libidine e voto-di-totale-arbitrio, con la formula sacramentale suggerita dal sacerdote dell'infame setta), senza aver permesso su di sé o sugli altri alcuna onta cui era tenuto dal giuramento, allora era incatenato.
[4] I disonorati da stupro, omicidio, spergiuro, contraffazione di testamenti e sigilli, ed altre frodi, allora erano condannati a morte74.
[5] I giustiziati furono di più degli imprigionati, ma in ambi i casi grande fu il numero (di uomini e donne).
[6] Alle donne condannate spettava l'esecuzione privata da parte di parenti o tutori75. Se non volevano assumersi tal carico, c'era l'esecuzione pubblica.
[7] Un senatoconsulto [7 ottobre 186 a.C.]76 impose ai consoli di distrugger gli oggetti del culto bacchico, prima a Roma, poi in tutta Italia, tranne se c'era qualche antica ara o statua consacrate77.
[8] Per l'avvenire, tal senatoconsulto provvide che né in Roma, né in Italia si tenessero più Baccanali. Se uno stimasse il culto consacrato dall'uso e necessario, da non potersene astenere senza senso d'empietà, lo dichiarasse al pretore urbano che consultasse il senato.
[9] Se l'esenzione era concessa da una seduta di almeno cento senatori78, celebrasse il rito purché né ci fossero più di cinque persone, né una cassa comune79, né un capo del collegio o sacerdote.
[1] Un altro senatoconsulto correlato, proposto dal console Q. Marcio, fu emesso per stabilir che: la questione dei pentiti che hanno servito i consoli si discutesse in senato solo dopo il ritorno di Sp. Postumio, a fine processi.
[2] Decretarono di deportare Minio Cerrinio Campano ad Ardea80, con l'ordine ai magistrati Ardeatini di tenerlo sotto sorveglianza speciale perché né sfuggisse né morisse.
[3] Sp. Postumio tornò molto dopo a Roma. Su sua proposta, il senato emise un senatoconsulto sul premio da dar a P.Ebuzio e Ispala Fecennia (mercé i quali eran stati svelati i Baccanali).
[4] I questori urbani dovevano versar a ognuno 100.000 assi di bronzo81 presi dall'erario; il console doveva accordarsi coi tribuni plebei ché proponessero al più presto alla plebe di esonerar P.Ebuzio dal servizio militare82, onde né militasse nolente né il censore gli assegnasse un cavallo pubblico.
[5] Ispala Fecennia avrebbe avuto: il diritto di alienar e manometter i propri beni83; il diritto [virile] di sposarsi fuori dalla sua gente84; il diritto [vedovile] di scegliersi un tutore come se assegnato dal testamento di un marito85; licenza di sposarsi un nato libero86, senza onta per lui.
[6] I consoli ed i pretori (in carica87 e i successori) doveano curarsi che lei non subisse rappresaglie, e vivesse sicura.
[7] Tutto ciò il senato volle e ritenne giusto. Tutto il senatoconsulto fu proposto alla plebe ed approvato. Sull'immunità e i premi degli altri pentiti fu data discrezione ai consoli.
[8] Nel [185 a.C.], ci fu in Apulia una vasta rivolta di schiavi. La provincia di Taranto era assegnata al pretore L.Postumio.
[9] Ei fece un'inchiesta severa su una congiura88 di pastori che, attraverso rapine, infestavano le vie e i pascoli pubblici. Condannò 7000 persone; molti fuggirono di là; molti furono suppliziati89.
[10] I consoli, trattenuti a lungo dagli arruolamenti a Roma, infine poterono partire per le loro province90.
[5] Eletti Catone e Flacco censori dai comizi [184 a.C.], i consoli e i pretori partirono per le rispettive province, tranne Q.Nevio che rimandò la partenza per la Sardegna di almeno 4 mesi, tenendo processi per veneficio91, perlopiù fuori Roma (in municipi e conciliaboli), come stimò più opportuno.
[6] Condannò circa 2000 persone (se ci piace creder a Valerio Anziate). Pure il pretore L. Postumio92 (cui era toccata Taranto) represse vaste congiure di pastori, e concluse con solerzia i rimasugli dell'inchiesta sui baccanali.
[7] Giudicò colpevole parte dei molti citati in giudizio annidatisi in quel lembo d'Italia (senza costituirsi convenuti o tradendo i loro garanti93), e ne mandò parte in arresto al senato di Roma, ove P. Cornelio li fece intanto imprigionar.
[1] [Nel 181 a.C.] molti tetri prodigi si videro a Roma e si udirono da fuori.
[2] Sui sagrati di Vulcano e della Concordia piovve sangue. I pontefici dissero che le aste di Marte si mossero da sé. A Lanuvio la statua di Giunone Sospita lacrimò94.
[3] Nelle campagne, nei conciliaboli, nei fori, in Roma, scoppiò una pestilenza tale che i servizi funebri dei libitinari [Libitina: dea dei funerali] sull'Esquilino bastavano a stento.
[4] I senatori, preoccupati da tali prodigi e tale moria, decretarono che i consoli sacrificassero vittime maggiori a divinità di loro scelta, e i decemviri consultassero i libri sibillini95.
[5] Su parer dei decemviri, fu indetta a Roma una supplicazione per un giorno in tutti templi96. Sempre su loro parere, il senato decise e i consoli bandirono [senatus censuit et consules edixerunt] che in tutta Italia97 ci fosse un triduo di supplicazione e di ferie.
[6] Per la ribellione dei Corsi98 e la guerra sollevata in Sardegna dagli Iliensi99, l'ordine era arruolare 8000 fanti dagli alleati latini100 e 300 cavalieri, che il pretore conducesse con sé in Sardegna.
[7] Ma l'epidemia fu così violenta che i consoli riferirono il numero di morti nel Lazio, e di altrettanti malati impediva di completar i quadri dell'esercito.
[8] Il contingente in meno, il pretore ebbe l'ordine di riceverlo dal proconsole Cn.Bebio che svernava a Pisa, e di lì trasportarle in Sardegna.
[9] L. Duronio, pretore cui era toccata la provincia Apulia, fu pure incaricato di un'inchiesta sui Baccanali, di cui rimasugli già l'anno prima erano ricomparsi come semi ripullati di quella malapianta.
[10] Il pretore L. Pupio aveva solo istruito più che condotto l'inchiesta. Così i senatori ordinarono al nuovo pretore di risecare il male alla radice onde non germogliasse ancora e più largamente.
[11] I consoli su autorizzazione del Senato proposero al popolo pure la lex Cornelia Baebia contro i brogli elettorali. [Pena prevista: 10 anni di interdizione dalle magistrature].
1. La repressione dei Baccanali [8-19] è più una monografia nel libro XXXIX (anziché una sezione) per [a] vigore narrativo, [b] impegno culturale, [c] rigore giuridico.
[a] C'è un crescendo narrativo di straordinaria efficacia perché Livio rivela poco a poco la congiura ai danni dello Stato (prima le paure di Ispala, poi di Ebuzio, poi la confessione di Ispala).
•8) C'è il quadro generale in un clima di mistero che si chiude con la colonna sonora di timpani e cembali che copre le urla.
•9-11) C'è la vicenda privata di Ebuzio e Ispala, piena di svolte fino alla denuncia al console Spurio Postumio.
•12-13) C'è la determinata e discreta inchiesta del console Spurio Postumio, che attua perfino un piano di protezione testimoni.
•14-16) Postumio riferisce la denuncia al senato; la macchina dello Stato si mette in moto con editti efficaci; Postumio tiene un altissimo discorso che vede la minaccia per l'intera società.
•17-19) Grande risposta degli organi dello Stato: fermezza e repressione totale connotati sui piani prima etico (salvar il patrimonio morale avito), poi giuridico (tutela processuale; pene commisurate; pentiti).
Sono fra le pagini indimenticabili di Livio, fin nel character design: Ebuzio e Ispala (studiati nella loro perplessità; nella loro vita privata; nelle loro paure); Postumio (capace di ottenere risultati; e capace di suscitare emozioni parlando come suoni da pizzicare delle corde: terrore, colla concione notturna; angoscia, coi collusi nelle famiglie; religiosità; patriottismo). ↩
2. L'attività segreta delle associazioni di Bacco è sempre detta “coniuratio”: minaccia contro qualcosa (la religione, il buon costume, la sicurezza dello Stato). Ma il moralismo di Livio presta fede a fonti di parte.↩
3. Un mandato speciale affida ai consoli l'istruzione di un processo inquisitorio (ove sono giudici & accusatori, doventi condurre indagini sulla colpevolezza dell'imputato anziché sull'accertamento della verità), segno della gravità della situazione. I problemi religiosi non erano di competenza dei sacerdoti. La sorveglianza dei culti stranieri spettava al senato. (Già per l'introduzione del culto della Magna Mater regolò severamente le orge dei sacerdoti). ↩
4. È difficile che il culto sia arrivato tosto a Roma dall'Etruria, e mercé un singolo uomo. Seppur fosse nato lì, si sarà diffuso prima nella Magna Grecia, poi a Roma con le sconfitte nella guerra annibalica. Seppur diffidente, Roma era preparata ad accogliere riti stranieri, che confluirono con la riconquista dell'ager campanus [215 a.C.] e la conquista di Taranto [209 a.C.]. Ma il rito notturno attirò tosto il sospetto dell'aristocrazia, e della corrente nazionalista capeggiata da Catone (forse fautore dell'orientamento politico della repressione, nell'orazione perduta De coniuratione). ↩
5. Sacrificulus ac vates pone il problema di rendere, da un lato, la connotazione ideologica (poiché Livio esclude motivazioni di lucro); dall'altro, il rifiuto liviano della sacralità di tal fatto religioso. Sacrificulus denoterebbe il modo di sacrificare del misterioso uomo greco. Vates connoterebbe in modo dispregiativo la pratica divinatoria.
6. Forse Livio allude agli Orfeotelesti: sacerdoti mendicanti che girovagavano per la Grecia e l'Oriente, celebrando sacrifizi e diffondendo profezie alle masse credule. ↩
7. Livio connota il carattere clandestino dei riti («Nox»; «Ululatibus nocturni»; «Nocturnus coetus»), e insiste sul carattere orgiastico, noto dai misteri di Dioniso... ma anche da riti orientali, egiziani, traci.↩
8. L'origine femminile è confermata dalle Baccanti di Euripide, ma la presenza di Baccanti maschi è attestata in Italia già nel III sec.a.C. (dapprima della presunta riforma di Annia Paculla [13, 9]).↩
9. La storia delle orge è raccontata tre volte in modo simile (Ispala a Ebuzio: 10, 5; Ispala al console: 13,8; il console al popolo: 15-16). Forse c'è un cambio della fonte di Livio: Claudio Quadrigario per la storia e la denuncia di Ispala e Ebuzio; Valerio Anziate per l'origine etrusca e i provvedimenti finali. ↩
10. Il termine “noxa” indica: (1) i crimini d'origine religiosa, comuni al tiaso in Asia Minore: il coitus rituale (simbolo dell'unione colla divinità); il sacrificio umano anziché di animali; omofagia; orge finenti in suicidio; il contorcimento («iactatio corporis» [13,12]); le allucinazioni religiose implicanti vaticini; (2) i crimini dannosi per lo Stato: frodi destinate a procurare denaro all'associazione segreta; falsificazioni di testamenti; omicidi commessi a scopo di lucro oppure omertoso. L'importanza dell'aspetto economico fra le ragioni della repressione è palesata dal divieto di tenere una cassa comune [18,9].↩
11. La falsificazione di sigilli (autenticanti un testamento) è un reato che ricorre spesso nelle accuse di congiura. Comunque l'espressione «FALSA SIGNA» resta ardua da interpretare. ↩
12. La soppressione di cadaveri è aggravata dall'importanza nella religione antica della regolare sepoltura del morto. La stessa accusa sarà rivolta ai cristiani. Livio segue una fonte di propaganda.↩
13. In realtà, la presenza dei Baccanali a Roma non era un segreto (si trova già in Plauto). Inoltre Livio ha presente le dimensioni di Roma ai suoi tempi.↩
14. Equites equo publico: la classe equestre formata da membri della Iª classe di censo cui lo Stato forniva e manteneva un cavallo. Equites equo privato: ultraricchi, mantenenti da soli un cavallo.↩
15. Tutori legittimi erano nominati dal padre o dal magistrato, secondo la Lex Atilia de tutore dando (certo anteriore alla repressione dei Baccanali). Col nuovo marito, la madre ha potuto ottener la tutela.↩
16. Il patrigno T. Sempronio Rutilo ha cioè dilapidato l'eredità del giovane (P. Ebuzio), senza poterne render conto se citato in giudizio dal ragazzo (quando divenuto maggiorenne, cioè sui iuris).↩
17. Il piano del patrigno T. Sempronio Rutilo è cioè render il giovane Ebuzio obnoxius: punibile & conseguentemente privabile dei suoi diritti. [Deminutio capitis: diminuzione dei diritti].↩
18. Iniziar il giovane per grazia ricevuta è una motivazione è storicamente plausibile. E sarà storicamente plausibile pure il racconto di Ispala più avanti (13,7-sgg.).↩
19. Il periodo di dieci giorni di astinenza sessuale è presente anche in altri culti e riti iniziatici (es.: i misteri di Iside e Osiride).↩
20. Damnatus implica un concetto di obbligazione in generale, e una colpa che assoggetta a una pena in particolare.↩
21. Forse non è il bosco di Stimula (citato più avanti [12,4]), bensì un luogo consacrato e destinato al culto in una casa privata.↩
22. La figura di Ispala pare un personaggio del teatro di Menandro, a cui del resto si ispirano i personaggi femminili di Terenzio.↩
23. Manus: autorità del pater familias sulla donna o sullo schiavo. Potestas: autorità del pater familias sui figli. Senza un parente che ne fosse tutore, Ispala non era soggetta alla manus di un patrono.↩
24. La schiava manomessa era sotto la tutela del padrone che l'aveva liberata. Morto lui la donna non poteva nominar un erede valido, senza farsi assegnare un tutore (dal pretore o dai tribuni).↩
25. Lo sconvolgimento o turbamento è un ricorrente stato d'animo caratteristico di Ispala. In questo caso è sconvolta dalla paura di perdere l'affetto di Ebuzio (altra analogia col teatro della Commedia nuova).↩
26. Il culto prescindeva dagli statuti sociali. Più avanti (13,12; 13,14; 15) si dice che c'erano: nobili (matrone); politici affermati; liberti; schiavi. Il coinvolgimento dei nobili è forse la ragione prima della repressione.↩
27. Ispala si accostò perché forse gli schiavi non avevano accesso nel sacrario, ma dovevano giurare di non parlar di ciò che sapevano di questi misteri (notar a proposito ogni accenno di reticenza di Ispala).↩
28. Notasi l'effetto diverso. In 8, i concerti che coprono le urla generavano un'oscura minaccia. Qui, in 10, rappresentano la situazione concreta in cui Ebuzio non deve andar a cacciarsi. Comunque si tratta di una tipica accusa rivolta ad ogni setta e in ogni epoca.↩
29. Excerta (serpente velenoso) si risemantizzerà come donna malefica e poi strega.↩
30. Dar il seguito di 4 schiavi indica considerare la separazione definitiva. Forse il patrigno tenta un'accusa d'offesa ai valori familiari e religiosi per far infliggere una deminutio capitis a Ebuzio.↩
31. È implausibile che un minorenne abbia fatto la denuncia al console, e che Postumio fosse ignaro dei fatti denunciati. Al massimo Postumio può aver fatto un accordo prima della denuncia.↩
32. Sul colle Aventino, fuori dal pomerio, c'era un quartiere plebeo (di arricchiti, senza riconoscimenti politici). Vi avevano sede le divinità dionisiache, e gli ambienti per celebrare i culti bacchici.↩
33. «Dii propitii essent» è una precisa formula di scongiuro. ↩
34. Il seguito-del-console era formato, oltre che dai littori (rappresentanti dell'imperium del console, quindi dotati di poteri di polizia), da un entourage di amici e clienti in veste non ufficiale.↩
35. Stimula (possessione soprannaturale) era una delle tante divinità indigene di Roma (ognuna corrispondente ad ogni atto della vita umana). Fu poi associata a Semele (madre di Bacco). Il suo boschetto sacro era fra la porta Trigemina e l'Aventino (la residenza dei Ebuzio e Ispala), e qui è nominato per la prima volta da Postumio. Perciò non è stata la denuncia di Ebuzio a dare i primi particolari sul movimento ad un'autorità statale (ai cui occhi il movimento appariva come un complotto).↩
36. In realtà il console avrà fatto degli accertamenti anche su Ispala prima di convocarla, proprio come ha fatto per Ebuzio. Quindi disporrà di testimonianze di altri sul suo conto.↩
37. Lo scempio è un'allusione esagerata ai miti di Licurgo e Penteo (uccisi dalle Baccanti)? Se fosse però vero, farebbe del tiaso un'organizzazione che amministra una forma di giustizia al di fuori dello Stato.↩
38. I precisi particolari non fanno parere del tutto inventato il racconto di Ispala che segue.↩
39. Non si ha alcuna notizia di una fase diurna dei misteri bacchici. Questi giorni di cerimonie diurne paiono anzi avvicinare la fase anteriore del culto di Bacco al culto di Cerere.↩
40. Il coinvolgimento delle matrone pare un passo verso l'ufficializzazione del culto, seppur non è partito dallo Stato.↩
41. Annia Paculla non è probabilmente una figura storica. La sua origine campana contraddice l'origine etrusca del culto e la sua penetrazione di lì a Roma (in favore della Magna Grecia).↩
42. Questi nomi di origine osca suggeriscono gente dell'Appennino meridionale, incivilita e grecizzata nel commercio culturale con le città e le colonie costiere della Campania.↩
43. L'uso di faces (torce) è noto pure nel culto dionisiaco di Eleusi e altrove. La scena è affatto degna di fede. Il rito del fuoco greco forse indica una manifestazione della potenza del dio.↩
44. Col trucco teatrale del deus ex machina (attore legato a una fune collegata ad un argano, e calato sulla scena) si spaccia per un ratto divino un ben più tragico occultamento di cadavere. Ma è dubbia la presenza a Roma di caverne in cui fare la catabasi (discesa) delle persone. Livio pare servirsi di una fonte indiretta sui Baccanali.↩
45. Certo esagerato è il numero di 7000 affiliati, ma tradisce la paura di un'autentica scissione del popolo romano, di cui la parte eversiva costituiva un pericolo morale e politico per la parte tradizionalista. La paura d'una scissione del popolo che portasse al conflitto ricorre nella storia romana (secessioni della plebe, etc.). Camillo fece costruir il tempio della Concordia (367 a.C.), rogate le leggi Licinie-Sestie. ↩
46. Sulla strada ovvero all'interno della casa, su appositi sostegni, erano messe scale trasportabili che mettevano in comunicazione la parte superiore della casa (una soffitta) con la parte inferiore.↩
47. Notare la distinzione fra “l'attività fraudolenta (cfr. «falsi testes, falsa signa»[8,7]) & la cospirazione diretta contro lo Stato («periculum»)”.↩
48. Questo senatoconsulto approva la condotta tenuta dal console e indica provvedimenti solo per il presente, non per il futuro. (Non è il Senatus consultum de Bacchabalibus del 7 ottobre 186 a.C.). ↩
49. Non esistendo ancora i tribunali permanenti (quaestiones perpetues), si istituì un tribunale speciale presieduto dal magistrato davanti una corte di giurati. In questo modo: si esclude la provocatio ad populum (contro la legge) per una questione che riguarda la pubblica sicurezza, e si dà ai consoli poteri d'eccezione (sviluppati nella guerra annibalica) d'intervenir pure presso gli alleati italici (come non si sa). I singoli punti del decreto sono: [1] incarico di presiedere i processi contro i magistrati; [2] protezione e premi per i pentiti; [3] arresto dei cultisti in tutta Italia; [4] divieto di culto; [5] processi contro gli iniziati. ↩
50. I conciliaboli erano le località (più piccole dei fori) dove si riunivano gli abitanti di più pagi per tenere mercati, far leva di soldati, assistere all'amministrazione della giustizia, celebrare feste religiose.↩
51. Per un elenco completo, confrontare il Senatus consultum de Bacchabalibus (3-14).↩
52. Cioè perseguire sia chi ha commesso direttamente un delitto, sia chi ha costretto indirettamente qualcuno a commettere un delitto.↩
53. Dopo la deliberazione del senato, seguono gli ordini per i consoli riguardanti gli incarichi da assegnare agli altri magistrati (edili curuli, edili plebei, tresviri capitales).↩
54. Libero conclavi: gli indiziati non incarcerati erano affidati a persone che dovevano sia impedirne la fuga, sia garantirne l'incolumità (come il cliente del console a cui fu affidato Ebuzio: 14,3).↩
55. Edili curuli ed edili della plebe erano ormai magistrature autonome, con compiti ben delineati, ma qui si rileva la loro originaria qualità di aiutanti dei consoli e dei tribuni della plebe. ↩
56. Triumviri capitales: magistrati inferiori incaricati delle esecuzioni capitali e della vigilanza. Quinqueviri: cittadini nominati adiutori dai triumviri capitales (per incarichi di sorveglianza, specie dei ponti).↩
57. Con un incendio, i perseguitati potevano crear un diversivo o scompiglio. Ma l'accusa di propositi incendiarii è tipica dei casi di congiure, ed è indimostrata come lo sarà per i cristiani.↩
58. La concione è un'assemblea consultiva (tenibile solo di giorno: 16,4), non-deliberativa (infatti, qui è convocata per mettere al corrente il popolo delle disposizioni già prese dal senato).
«[1]L'augure M. Messala (in Sugli auspici) scrive sui magistrati minori “Il console può revocar comizi e concioni a tutti i magistrati. Il pretore può revocar comizi e concioni ad ogni livello, tranne che al console. I magistrati minori non possono revocar né comizi né concioni. Onde (se non si può far votar il popolo diviso in due e se la revoca reciproca non è consentita), il magistrato minore che convoca per primo i comizi è a posto con la legge. Ma se vogliono tener una concione (senza che il popolo deliberi) un numero qualsiasi di magistrati può tenere una concione nello stesso tempo”.[2] Da tal passo di Messala si deduce con evidenza che “cum populo agere” [proporre al popolo] è diverso da “concione habere” [tenere una concione].[3] “Cum populo agere” è sottoporre al popolo una richiesta, che può approvare ovvero respingere col voto. “Concione habere” è parlare al popolo senza fargli richieste» [Aulo Gellio: Notti Attiche, XIII,16].
La lex ROGATA (votata ai comizi, su rogazione del magistrato) si contrappone alla lex DATA (promulgata unilateralmente dal magistrato al di fuori dai comizi). ↩
59. È solo Postumio a parlar per ambi i consoli (cfr.: «dirovvi»; «noi consoli» [15,5]). L'orazione non è tenuta dopo i consulti del senato, bensì ad ordini già dati, per giustificar l'intero procedimento. Come altri discorsi liviani, è certamente rielaborato.↩
60. La preghiera premessa a un discorso (mai menzionata da Livio in altri casi) connota la particolarità della situazione: una religione vuole sovvertir i valori aviti contro la religione tradizionale. ↩
61. Anticamente, con Roma a rischio di invasione, i comizi centuriati si tenevano col popolo armato e solo con guardie armate appostate sul Gianicolo (esposto durante il comizio a un tentativo d'occupazione).↩
62. Sacramentum: il giuramento militare, prima volontario, poi obbligatorio dal 216 a.C. Usar il termine per il giuramento iniziatico dei Baccanti implica un dissidio interno (non un corpo corrotto).↩
63. Lo scrupolo di offendere la divinità è già stato esibito da Ispala e sarà seguito dalla disposizione del senato di non distruggere le are più antiche. Ma Postumio vuole sventare una polemica.↩
64. Cioè vietare riti considerati nocivi pella religione romana e pelle contingenze politiche. Come i tentativi del senato di ridurre l'influenza deleteria del culto della Magna Mater.↩
65. I vaticini privati erano proibiti in qualsiasi forma. Erano tollerati solo i rispettivi organi divinatori dello Stato. Perciò i libri attribuiti a Numa (dissotterrati per caso) furono bruciati [XL, 29, 3].↩
66. Cfr. Senatus consultum de Bacchabalibus (28-30).↩
67. Il console cerca di responsabilizzare tutti i cittadini.↩
68. Nominatus (citato per nome) vuol dire denunciato.↩
69. Livio pensa all'estensione dell'Italia ai suoi tempi. Comunque è difficile che un iniziato, al sicuro fuori d'Italia, tornasse col rischio di esser giustiziato.Nominatus (citato per nome) vuol dire denunciato.↩
70. È rara nei tempi più antichi la punizione della concessione dell'asilo. Per i tempi più recenti, invece, si pensi alle proscrizioni.↩
71. Nelle loro comunicazioni private, gli Italici residenti a Roma avranno informato i conterranei nel meridione dei senatoconsulti. ↩
72. 7000 è la stessa cifra esagerata che si ripeterà per la repressione dei pastori in XXXIX, 29, 9.↩
73. I magistrati potevano decider da soli, ma hanno interpellato il Senato. Si apprezza il peculiare nodo “potestas & auctoritas”. Il periodo di 30 giorni è frequente in numerose procedure giuridiche.↩
74. Abrogata la provocatio ad populum per questi processi, i consoli potevano far eseguir subito le condanne anche capitali. ↩
75. La donna non era sui iuris (un soggetto giuridico). Normalmente era giudicata dal titolare della manus, assistito nei casi più gravi da un tribunale domestico (titolare insieme ai cognati di sesso maschile). In caso di delitti pubblici, la donna era giudicata da magistrati, ma l'applicazione dell'eventuale pena spettava al capofamiglia, almeno de iure (difficile pensar all'uccisione diretta di un parente di primo grado). Se i parenti si rifiutavano di eseguir la sentenza, spettava al magistrato stesso eseguirla. Ma a volte la famiglia interveniva ancor prima della conclusione del processo con l'uccisione delle imputate.↩
76. È il Senatusconsultus de Bacchanalibus [7 ottobre 186 a.C.], di cui si è conservato il testo in una tavola di bronzo (mezzo d'informazione delle comunità locali) scoperta nel 1640 in Calabria. Questo decreto probabilmente raccoglie le disposizioni di DUE SEDUTE del senato, di cui si informano «quei foideratei esent» [i singoli alleati italici].↩
77. Il culto di Bacco era molto più antico dei Baccanali, e non era intenzione del Senato combatterlo (cfr. 16,7: il discorso di Postumio esagera per impedire una ritorsione polemica).↩
78. A seconda delle decisioni da prendere, si stabiliva un numero legale dei senatori che dovevano essere presenti alle sedute. ↩
79. La strips (cassa comune) caratterizza l'esistenza di un collegio di sacerdoti o di un'associazione regolare.↩
80. L'imprigionamento (pena più mite, applicata solo ai membri non responsabili dei delitti) è applicato pure a Minio nell'interesse delle autorità romane, che speravano di apprender segreti sulla congiura. Notare che Ardea (nel territorio dei Volsci) è la stessa destinazione poi proposta da Cesare per i Catilinari arrestati, ma poi condannati a morte.↩
81. È il censo minimo della prima classe, onde Ebuzio recupera la posizione politica ed economica di suo padre, perduta a causa del patrigno.↩
82. I premi sono conferiti dal popolo ovvero dal senato. Qui decide il popolo (onde i consoli si rivolgono ai tribuni della plebe) perché Ebuzio doveva essere esonerato dal servizio militare previsto dalla legge. Cfr.: «I tribuni della plebe avrebbero presentato al popolo una proposta di legge che lo dispensava dall'osservanza della legge preesistente» [X,13,9]. L'esonero dal servizio militare era raro. ↩
83. «Datio»: diritto di alienare liberamente i propri beni mediante donazione. «Deminutio»: conseguenza ovvia della datio. ↩
84. Il divieto di sposarsi fuori della propria gens è per le donne libere. Per le liberte (schiave affrancate, non parte di una gens) c'è divieto sposar liberti con un patrono d'una gens diversa da quella del proprio.↩
85. Ispala è ancora nubile. Ma le viene concesso il diritto riservato alle vedove (purché fossero state in manu al marito) di scegliersi un tutore anziché sottostar alla tutela assegnata per testamento dal marito.↩
86. Ingenuus significava patrizio, ma poi uomo libero. Il privilegio sarebbe contrarre un giusto matrimonio con un libero di nascita; ma già nel II sec. a.C. non era più vietato sposare una libera. Comunque, per Ispala, la concessione di poter sposare un libero è probabilmente meno importante che l'essere affrancata dalla stigma del mestiere. ↩
87. «qui nunc essent» (che fossero ora [in carica]) è un'espressione giuridica frequente.↩
88. Poiché la sommossa è legata all'inchiesta sui Baccanali, non stupisce che la tradizione veda un nesso fra il pretore & il suo parente (console del 186 a.C.): stesso numero di condanne; stessa severità. Il fenomeno del banditismo in Apulia, nel Bruzzio, è però anteriore al 186 a.C., favorito dallo sviluppo nel II sec. a.C. di una incontrollabile pastorizia estensiva e transumante sui pascoli pubblici della regione.↩
89. La crocifissione è il supplizio più comune per gli schiavi.↩
90. In realtà ambi i consoli ebbero assegnata solo la Liguria.↩
91. De veneficiis indica reati contro la persona (avvelenamenti, ma anche falsa testimonianza). Processi per avvelenamento erano tipici contro le donne, come la congrega di matrone nel 331 a.C.
«[1] L'anno [331 a.C.] (consoli: M. Claudio Marcello & Gaio Valerio) fu terribile sia per inclemenza climatica sia per malizia umana. [2] Negli annali trovo variazioni sul soprannome di Valerio (Flacco e Potito): ma poco importa quale sia la verità su ciò. La notizia che vorrei sinceramente fosse falsa (e non tutti gli autori la riportano) è che: gli uomini la cui morte rese l'anno memorabile per un'epidemia, sarebbero stati avvelenati. [3] Tuttavia, riporto la notizia come tramandata, per non togliere credibilità a qualche storico. [4] Mentre i cittadini maggiorenti morivano quasi tutti cogli stessi sintomi e nello stesso modo, un'ancella dichiarò all'edile curule (Quinto Fabio Massimo) che avrebbe rivelato la causa del pubblico flagello se le avesse garantito che quella denuncia non le avrebbe arrecato danno. [5] Fabio riferì subito la cosa ai consoli, e i consoli al senato, e, col consenso di questo, fu data l'assicurazione alla delatrice. [6] Allora ea svelò che la città era vittima di una frode muliebre: c'erano matrone che preparavano veleni, e che, se l'avessero seguita, potevano coglierle in flagrante. [7] I senatori seguirono la delatrice, e trovarono delle matrone impegnate a cuocer filtri e altre pozioni nascoste. [8] Portati i filtri nel foro, e convocate una ventina di matrone nelle cui case erano stati rinvenuti, due di esse, Cornelia e Sergia (entrambe di stirpe patrizia) sostennero che fossero medicamenti salutari. Ma la delatrice confutò quanto dissero, e le invitò a ber i preparati per dimostrar che l'accusa sua fosse falsa. [9] Ottenuto tempo per consultarsi in disparte, loro riferirono la cosa alle altre donne. Pure queste accettarono d'ingerir le pozioni. Così bevvero i loro filtri, anzi il popolo, e perirono tutte del loro stesso intrigo. [10] Le loro complici, tosto arrestate, denunciarono un gran numero di matrone, di cui centosettanta furono condannate. [11] Prima di allora, mai ci furono a Roma processi per veneficio. La cosa fu creduta un prodigio, e parve opera di menti folli più che criminali. [12]Perciò, trovato negli annali che in passato, in occasione di secessioni della plebe, il dittatore piantò un chiodo come rito di espiazione per riportar alla ragione le menti degli uomini accecate dalla discordia, si decise di crear un dittatore per piantar il chiodo. [13] Fu eletto Cneo Quintilio, che nominò maestro di cavalleria Lucio Valerio; ed essi, piantato il chiodo, deposero la carica» [VIII,18].
L'episodio è una verisimile caccia alle streghe (dato il contesto d'una società assediata da un male). Attribuir le cause di epidemie mortali a sortilegi e a venefiche arti muliebri è infatti analogo alla caccia alle streghe nel Medioevo. Non è chiaro invece il nesso fra la fissione di un chiodo come espiazione (che richiede di nominar un dittatore) & la fissione di un chiodo come cronologia, piantato ogni anno nel tempio di Giove Capitolino alle idi di settembre (che richiede il praetor maximus, forse riferito al console di turno a tenere i fasci, o al dittatore, o all'interré; poiché ‘praetores’ era il vecchio nome dei supremi magistrati, anziché ‘consules’). ↩
92. Se L. Postumio era pretore nel 185 a.C. [cfr. 29], nel 184 a.C. dovrebbe essere invece propretore. Forse Livio sta ripetendo lo stesso episodio del 185 a.C. seguendo un'altra fonte che sbaglia l'anno?↩
93. Vadimonium: impegno a comparire in giudizio nel giorno fissato assunto nei confronti del querelante. Vadimonium deserere: non presentarsi in giudizio, che implica perdere la causa.↩
94. I templi di Vulcano e Concordia stavano nel Foro romano, presso la Curia Ostilia. Le aste di Marte erano 12 lance custodite nella Regia (leggendaria dimora di re Numa, consacrata al culto). Lo spostamento delle lance era stimato presagio di guerra. Lanuvia era un'antica città sui monti Albani del Lazio, famosa per il tempio di Giunone cui era addetto un flamine. La statua era «cum pelle caprina cum hasta cum scutulo cum calceolis» [Cicerone: La natura degli dèi, I, 82]: avvolta in una pelle di capra, con lancia e con scudo e con scarpe a becco (con la punta all'insù). ↩
95. Un collegio di viri sacris faciundis (inzialmente di 2, portato fino a 15) era preposto alla consultazione dei libri sibillini (e non i pontefici), perché di origine straniera (venduti da una sibilla a uno dei re Tarquini).↩
96. Letteralmente, pulvinarium: letto su cui porre l'effigie di una divinità nel suo tempio, in occasione di un lettisternio (distesa dei cuscini, per offrir banchetti alla divinità con cui riconciliarsi).
«[4] [Nel 399 a.C.], a un duro inverno seguì un'estate opprimente e pestilenziale per tutti i viventi (o per sbalzo tosto della temperatura, passata dal gelo all'estremo opposto, o per qualche altro motivo). [5] Nè trovando la causa né un rimedio a tale insanabile flagello, per senatoconsulto furono consultati i libri sibillini. [6] Allora, per la prima volta nella storia romana, i duumviri preposti ai riti sacri fecero un lettisternio e per otto giorni cercarono di riconciliarsi il favore di Apollo, Latona, Diana, Ercole, Mercurio e Nettuno imbandendo tre letti col massimo di sontuosità possibile allora. [7] Tal rito fu celebrato pure privatamente. In tutta la città le porte rimasero aperte, negli atri delle case furono messe vivande alla mercé di chiunque passasse: noti e ignoti, perfino nemici furono benvenuti, scambiandosi parole cortesi, senza liti e diverbi.8In quei giorni furono tolte le catene ai prigionieri e lo scrupolo religioso impedì poi di rimettergliele, essendo stati gli dèi a concedergli quell'aiuto» [V,13]. ↩
97. I giorni di preghiera dovevano esser deliberati dal senato. Ma sarebbe un'ingerenza nelle faccende alleate (di carattere poi religioso, non politico) se l'espressione fosse riferita proprio agli italici.↩
98. Conquista romana della Corsica: 259 a.C.-163 a.C. La Corsica era parte della provincia di Sardegna; finché (6 d.C.) Augusto ne fece una provincia imperiale per combattere il brigantaggio.↩
99. Iliensi: popolazione dell'entroterra sardo, che legava il proprio nome a una discendenza da esuli troiani. Altri però li chiamavano Iolai (da Iolao, il compagno di Eracle).↩
100. Latini forse vale per Italici, poiché non si spiegherebbe perché, in questa calamità, rivolgersi solo ai Latini.↩
Ultima modifica 2021.02.21